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Anche per le cause pendenti in Cassazione scatta la non punibilità per…

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DIRITTO

Anche per le cause pendenti in Cassazione scatta la non punibilità per tenuità del fatto

Nell'assenza di una disciplina transitoria, la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto (articolo 131-bis del Cp, introdotto con il decreto legislativo n. 28 del 2015) è applicabile anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore e, quindi, anche a quelli pendenti in Cassazione. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza 24358/2015 .

Le verifiche che devono fare i giudici
In tale evenienza, la Corte di legittimità, deve in primo luogo verificare l'astratta applicabilità dell'istituto, avendo riguardo ai limiti edittali di pena del reato. In secondo luogo, la Corte deve verificare la ricorrenza congiunta della particolare tenuità dell'offesa e della non abitualità del reato.
Nell'effettuare questo secondo apprezzamento, il giudice di legittimità non potrà che basarsi su quanto emerso nel corso del giudizio di merito, tenendo conto, in modo particolare, dell'eventuale presenza, nella motivazione del provvedimento impugnato, di giudizi già espressi che abbiano pacificamente escluso la particolare tenuità del fatto.

La declaratoria di non punibilità per «particolare tenuità del fatto»
Si tratta di una decisione con cui la Corte di cassazione affronta la questione dell'applicabilità ai processi in corso, pendenti in sede di legittimità, della disciplina dell'articolo 131-bis del Cp, introdotto con il decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28, che, come è noto, configura la possibilità di definire il procedimento con la declaratoria di non punibilità per «particolare tenuità del fatto» relativamente ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva. La decisione è perfettamente in linea con il significativo precedente (sezione III, 8 aprile 2015, Mazzarotto), con cui la questione è stata per la prima volta affrontata in sede di legittimità.

Il ragionamento della Cassazione
Per cogliere il portato della decisione, è opportuno riportare il ragionamento della Cassazione. Gli imputati erano stati riconosciuti colpevoli, in concorso tra loro, del reato di cui all'articolo 256, comma 4 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, e condannati alla sola pena pecuniaria. La questione della particolare tenuità del fatto è stata sottoposta alla Corte solo in udienza, ma la Corte ha ritenuto di doverla esaminareex articolo 609, comma 2, del Cpp, sulla base del rilievo che tale questione non era stato possibile dedurla in appello (l'introduzione dell'istituto della particolare tenuità è stata successiva al giudizio di appello; il richiamo all'articolo 609, comma 2, del Cpp , va osservato per incidens, appare particolarmente pertinente, ove si consideri che la questione dell'irrilevanza penale del fatto difficilmente potrebbe farsi rientrare tra i “motivi nuovi” a sostegno dell'impugnazione, previsti nella disposizione di ordine generale contenuta nell'articolo 585, comma 4, del Cpp, giacché questi devono avere pur sempre a oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame ai sensi dell'articolo 581, lettera a), del Cpp : si veda ex pluribus sezione IV, 3 novembre 2004, Nwobodo e altri; ciò che sarebbe difficilmente ipotizzabile rispetto a un istituto del tutto nuovo quale quello di che trattasi) .

La Corte, peraltro, non ha ritenuto di poter accedere alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità, dopo una verifica della fattispecie condotta secondo il percorso argomentativo su cui ci si è soffermati nella massima della decisione.
In effetti, ha osservato la Cassazione, la pena edittale del reato oggetto della condanna rientrava nel range stabilito per il ricorso all'istituto, trattandosi del resto di fattispecie contravvenzionale, ma emergevano dalla decisione di merito dati indicativi di un apprezzamento sulla “gravità del fatto” che non consentiva di ritenere astrattamente configurabili i presupposti per la non punibilità (il fatto, sebbene definito “modesto” dal giudice di merito per giustificare l'applicazione della sola pena pecuniaria, prevista in alternativa a quella detentiva, era stato valutato comunque “di un certo rilievo”, come poteva evincersi dall'entità delle pene comunque irrogate, che si discostavano, per tutti gli imputati, dal minimo edittale). Per l'effetto, la Cassazione ha rigettato il ricorso e, per quanto interessa, ha ritenuto non vi fossero tout court gli spazi per rinviare nuovamente gli atti al giudice di merito, per la carenza assoluta delle condizioni legittimanti la decisione di non punibilità.

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