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Transfer price, verifiche senza regole sfasate

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contenzioso

Transfer price, verifiche senza regole sfasate

L’ufficio deve fare un corretto riferimento alle guidelines Ocse in funzione dell’anno accertato in fatto di verifica dei transfer pricing. La determinazione dei comparables non può prescindere dall’analisi funzionale dell’impresa, né può essere condotta scartando aprioristicamente le società in perdita.

Nella scelta del campione di imprese non basta basarsi sul codice Ateco. Il metodo Tnmm (Transactional net margin method) quale metodo “alternativo”, va adeguatamente giustificato. Sono queste le principali indicazioni contenute nella sentenza 3165/2015 dello scorso 24 giugno (deposito del 9 luglio) della Ctr Lombardia. In effetti, su un tema sempre spinoso qual è quello del transfer pricing, la sentenza ha il pregio di affrontare in concreto svariate problematiche, dando utili indicazioni agli operatori.

In prima battuta, il giudice d’appello ha contestato il riferimento fatto dall’ufficio alle guidelines Ocse: mentre infatti l’esercizio accertato è il 2008, le Entrate si sono basate sulle guidelines del 2010, evidentemente non conoscibili dal contribuente due anni prima. Analogo errore viene rilevato in materia di oneri documentali: l’ufficio, difatti, fa riferimento a una normativa (Dl 78/2010) non ancora in vigore nell’anno oggetto di verifica fiscale.

Nel caso in esame l’ufficio avrebbe dovuto prendere in esame le guidelines vigenti nel 2008, che stabilivano una rigida gerarchia per l’utilizzo dei metodi per determinare i prezzi di trasferimento. Tale graduatoria – ricorda la Commissione – prevedeva che si dovesse utilizzare il metodo del confronto del prezzo (Cup) e, ove ciò non fosse stato possibile, si sarebbe dovuto passare ad altri metodi “tradizionali” (costo maggiorato/cost plus, e prezzo di rivendita/resale price) e infine, ove anche questa strada non fosse stata percorribile, agli altri metodi “alternativi” ed in particolare, nel caso di specie, al Tnmm. Si ricorda infatti che, in ossequio alle guidelines in commento, i metodi tradizionali rappresentano il mezzo più diretto per stabilire se le condizioni delle relazioni commerciali e finanziarie tra le imprese associate siano in linea con quelle praticate in libera concorrenza, mentre i metodi alternativi vanno applicati in via sussidiaria.

L’ufficio, contravvenendo a tali direttive, ha applicato il criterio Tnmm senza documentare i motivi per i quali sono stati scartati i metodi tradizionali: nulla è stato detto circa una eventuale indisponibilità di informazioni sulle transazioni indipendenti, sull’inattendibilità dei dati disponibili, sulla natura e/o complessità dell’attività svolta.

Altra indicazione interessante che si rileva dalla sentenza è relativa alla scelta dei comparables. La Commissione, riprendendo le citate guidelines Ocse, rileva come la determinazione di questi ultimi non possa prescindere dall’analisi funzionale dell’impresa, che riguarda la struttura aziendale, le peculiarità dell’attività ed i rapporti di mercato. In tale contesto, non è stato ritenuto sufficiente il riferimento al solo codice Ateco, così come ha invece fatto l’ufficio. Le società prese in esame sono così risultate non confrontabili con quella accertata, vuoi per dimensioni di fatturato troppo elevato rispetto a quest’ultima, vuoi perché l’oggetto sociale è risultato, ad una più attenta analisi, differente.

Infine, è parsa priva di ogni giustificazione la scelta dell’Agenzia di elidere dai comparables le società caratterizzate da bilanci in pareggio od in perdita: tali situazioni rappresentano risultati d’esercizio a tutti gli effetti e pertanto non possono essere scartati aprioristicamente. Nello stesso solco si menziona la recente sentenza 6058/17/15 del 16 giugno 2015 (depositata il 30 giugno) della Ctp Milano. Partendo sempre dai contenuti delle guidelines Ocse, i giudici ricordano che l’amministrazione fiscale deve verificare se i prezzi applicati siano uguali a quelli praticati per prodotti similari commercializzati in un regime di libera concorrenza. Nel caso esaminato dai Giudici, tale criterio risulta essere stato del tutto evaso, avendo l’ufficio comparato unicamente i prezzi applicati all’interno dello stesso gruppo societario.

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