Norme & Tributi

Pensioni, per ora mini-interventi. Boeri: «Nessun taglio…

  • Abbonati
  • Accedi
Previdenza

Pensioni, per ora mini-interventi. Boeri: «Nessun taglio del 30%»

Se l’ipotesi di includere in legge di Stabilità misure per una maggiore flessibilità dei pensionamenti perde sempre più quota, procede invece per la sua strada la messa a punto di due interventi ad hoc per lo sblocco dell’opzione contributiva per le donne che vogliono ritirarsi dal lavoro con 57 anni (58 se autonome) e 35 di versamenti con calcolo dell'assegno solo contributivo e per un settimo intervento di salvaguardia per i lavoratori esodati. Ieri su questi due fronti si è svolta una riunione a livello tecnico tra esponenti dell’Economia, del Lavoro, della Ragioneria generale dello Stato e dell'’Inps in vista della convocazione prevista per domani in commissione Lavoro della Camera.

Boeri: in proposta al governo non c’è taglio pensioni del 30%
Intanto dal presidente dell’Inps Tito Boeri è arrivata una precisazione sulla proposta sulla flessibilità presentata al governo: non prevede né il taglio delle pensioni del 30%, né il ricalcolo con metodo contributivo ma una riduzione equa per chi sceglie di anticipare il ritiro. A un incontro organizzato dal think tank Bruegel, Boeri non si è sottratto a una domanda specifica sul tema. «I giornali hanno scritto che (nella proposta del presidente Inps, ndr) ci sarebbe una riduzione delle pensioni del 30%», ha detto. «Non è così, la nostra proposta al governo non ha un taglio grande delle pensioni ma prevede una riduzione equa per chi sceglie di anticipare il ritiro che non implica una riduzione di quell’entità né il ricalcolo con il metodo contributivo».

Alt a risorse aggiuntive sulla previdenza
Sul nodo flessibilità per tutti, un eventuale intervento deve essere fatto «sostanzialmente a costo zero per il bilancio pubblico», aveva detto ieri il presidente del Consiglio. E comunque «evitando uno spostamento di risorse aggiuntive verso la previdenza» ha aggiunto Enrico Morando, il viceministro dell’Economia impegnato in questi giorni al vaglio degli emendamenti al disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato e delle amministrazioni autonome per il 2015, atteso in Aula al Senato domani. Se si dovesse realizzare un intervento di anticipo in uscita, ha spiegato Morando, «bisogna farlo senza prendere quote di risorse significative dal bilancio per spostarle sulle pensioni. Se ci sono risorse - ha aggiunto - vanno impiegate per affrontare il dramma delle famiglie in situazione di povertà assoluta».

L’ipotesi di una disciplina provvisoria
I tecnici dell’Economia e di Palazzo Chigi non hanno ancora escluso del tutto misure sulle pensioni in Stabilità, anche perché il pressing che arriva dalla maggioranza (Pd e centristi) è molto forte, come lo è quello sostenuto dall’intero fronte delle parti sociali. Il problema è sempre quello delle risorse: se nel medio-lungo periodo meccanismi di anticipo con penalizzazione si autofinanziano, nell'immediato serve una copertura di cassa certa. Da qui l'ipotesi, di una disciplina provvisoria da adottare magari con un provvedimento collegato alla manovra, un disegno di legge successivo da adottare nel corso del 2016, ipotesi pure in campo e rilanciata ieri anche da Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato.

Gli interventi allo studio per le donne
Ad accendere la luce verde sull’estensione fino alla fine dell’anno della sperimentazione lanciata nel 2004 a favore delle lavoratrici che maturano il requisito sono stati invece i dati forniti dal ministero del Lavoro sulle risorse spese tra il 2008 e il 2013 per questo anticipo con penalizzazione (le donne che optano hanno una decurtazione dell’assegno tra il 25 e il 30%). I maggiori oneri determinati da questa misura viaggiavano attorno ai 320 milioni, con un avanzo di 1,3 miliardi rispetto alle risorse a suo tempo ipotizzate a copertura (1,68 miliardi). Poiché sulla spesa non effettuata non s'è determinato un accantonamento di risorse in un fondo ad hoc, serve ora una norma per stanziarne di nuove a copertura fino a chiusura dell'opzione per l'anno in corso.

L’ipotesi per la settima salvaguardia per gli esodati
La stessa necessità si determina per l'utilizzo di una parte delle risorse non spese nelle sei operazioni di salvaguardia in corso a favore di un nuova (settima) platea di circa 25-26mila lavoratori esodati. I risparmi delle prime sei salvaguardie dovrebbe aggirarsi attorno ai tre miliardi (sui 12 stanziati) e utilizzando queste risorse con un sistema di slittamento dei termini di riconoscimento della salvaguardia si potrebbe alzare la platea degli esodati tutelati da 170mila a circa 190mila senza maggiore spesa. Riguardo all'opzione donna, tra il 2009 e il 2013 sono state poco più di 16mila le lavoratrici che hanno utilizzato questa via di anticipo con penalizzazione della pensione, con una crescita negli ultimi anni dopo l'entrata in vigore della riforma Fornero, tanto che nel 2014 si sono aggiunte altre 12mila domande. Se una soluzione verrà raggiunta le commissioni lavoro di Camera e Senato potrebbero, proprio sull'opzione donna, approvare in sede legiferante (ovvero senza passare dall'Aula) la proposta di legge già messa a punto su un testo unificato.

© Riproduzione riservata