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Cassazione, la riforma fiscale non depenalizza del tutto l’elusione

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abuso del diritto

Cassazione, la riforma fiscale non depenalizza del tutto l’elusione

La riforma fiscale appena entrata in vigore, dal primo ottobre, con l'adozione dello Statuto del contribuente nel d.lgs 128/2015, ad avviso della Cassazione ha depenalizzato in modo «non radicale» l'abuso del diritto escludendo la «asanzionabilità» assoluta delle operazioni di pura convenienza fiscale, ma con effetto retroattivo. Con questo attesissimo verdetto dei supremi giudici - il primo sulla riforma in vigore da soli sette giorni che la Suprema Corte ha affrontato in una udienza svoltasi il primo ottobre e della quale ha pubblicato le motivazioni a tempo di record - la Cassazione sottolinea inoltre che le nuove norme si applicano sia quando l'attività economica del contribuente è di tipo professionale sia quando è di tipo imprenditoriale. Un importante chiarimento che tocca una platea molto ampia di contribuenti.

«La nuova normativa - affermano gli “ermellini” nella sentenza 40272 della Terza sezione penale - stabilisce che non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni “giustificate da non marginali ragioni extrafiscali”, anche di ordine organizzativo o gestionale che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero dell'attività professionale del contribuente». Insomma la ricerca del vantaggio fiscale un po’ indebito - terreno sdrucciolevole per molte società esterovestite - è perdonabile se collegata a obiettivi di rilancio.

«Tuttavia per cogliere la non marginalità delle ragioni extrafiscali - prosegue il verdetto offrendo una bussola a commercialisti e fiscalisti - occorre guardare alla intrinseca valenza di tali ragioni rispetto al compimento dell'operazione di cui si sindaca l'abusività». In questo senso, «le ragioni economiche extrafiscali non marginali sussistono solo se l'operazione non sarebbe stata posta in essere in loro assenza».

La Cassazione spiega inoltre che questa riforma, sulla cui necessità l'Europa ci ha bacchettato, ha unificato la nozione di abuso del diritto con quella di elusione fiscale, e ora i due termini «sono equipollenti». Per abuso del diritto - prima della riforma ritenuto un reato penale - si intendono «le operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali e indipendentemente dalle intenzioni del contribuente, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti». Per chi è nel dubbio, la Cassazione ricorda che le nuove norme prevedono «la possibilità per il contribuente di presentare un'istanza di interpello preventivo all'Agenzia delle Entrate al fine di conoscere se le operazioni che intende realizzare costituiscano fattispecie di abuso del diritto».

Non è più abuso, ad esempio, la scelta di chi «per dar luogo all'estinzione di una società, opta di procedere a una fusione anziché alla liquidazione».

La riforma, però, non è stata pensata per offrire scorciatoie dal momento che «la disciplina dell'abuso del diritto ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari, in particolare l'evasione e la frode» che vanno perseguite «con gli strumenti che l'ordinamento già offre».

Rimane inoltre «impregiudicata» la possibilità di «ravvisare illeciti penali nelle operazioni contrastanti con disposizioni specifiche che perseguano finalità antielusive», ad esempio, «negando deduzioni o benefici fiscali, la cui indebita autoattribuzione da parte del contribuente potrebbe bene integrare taluno dei delitti in dichiarazione».

Con le nuove norme, inoltre, c'è il rischio che «operazioni qualificate in precedenza dalla giurisprudenza come semplicemente elusive integrino ipotesi di vera e propria elusione».

Per agevolare la riscossione delle sanzioni sopravvissute alla depenalizzazione, la Cassazione ha deciso che tutte le volte che annullerà le condanne penali, accogliendo i ricorsi dei contribuenti, manderà la comunicazione all'Agenzia delle Entrate affinché riscuota le multe, inasprite del 100% e anche 200%.

Quanto all'efficacia temporale delle nuove norme, la Suprema Corte chiarisce che si applicano «oltre che per le nuove operazioni abusive poste in essere dalla data del primo ottobre 2015, anche per quelle poste in essere prima di tale data» purché «prima della predetta data non sia stato notificato il relativo atto impositivo per evitare che gli atti impositivi già notificati siano posti nel nulla».

Il caso pilota ha annullato la condanna inflitta dalla Corte di Appello di Milano a un imprenditore immobiliare che per pagare meno tasse si era servito del contratto di “stock lending”, una sorta di cessione fittizia di azioni.

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