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Bocciata dal Tar la sponsorizzazione della Regione Sardegna al Cagliari

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Bocciata dal Tar la sponsorizzazione della Regione Sardegna al Cagliari

La Regione non può erogare somme per sponsorizzare una squadra di calcio, nemmeno in cambio di una valorizzazione del nome o dell’immagine dell’ente pubblico. Lo sottolinea il Tar Sardegna, con la sentenza 23 settembre 2015, n. 1023, che vieta a un’azienda governativa come la Regione di eseguire un contratto milionario con la Spa Cagliari Calcio. Il contratto non era stato onorato, generando quindi una lite che per la prima volta dopo la spending review del 2010 giunge nelle aule di un tribunale, dopo diverse pronunce della Corte dei conti (Lombardia 89/2013; Liguria 6/2011). Poiché la Regione Sardegna aveva stipulato un accordo formale, la società calcistica pretendeva il pagamento di importi consistenti: reagendo alla richiesta di pagamento, la Regione aveva eccepito la nullità dell’accordo, richiamando l’articolo 6, Dl 78 (legge 122/2010), che impone alla pubblica amministrazione il divieto di effettuare spese per sponsorizzazioni. Questa norma incide su provvedimenti, accordi o contratti che comportino spese intese a valorizzare il nome o le caratteristiche dell’ente ovvero a sostenere eventi, vietandoli a meno che il soggetto sponsorizzato non esprima compiti istituzionali dell’ente.

Il divieto riguarda le sponsorizzazioni passive, non toccando quelle attive (che generano introiti), quali quelle dell’articolo 120, Dlgs 42/2004 e dell’articolo 26, Dlgs 163/2006 sui contratti pubblici di lavori. Come contratto di pubblicità, la sponsorizzazione ha uno sponsee che si obbliga a fornire, nell’ambito di proprie iniziative destinate al pubblico (eventi musicali, artistici, sportivi eccetera), prestazioni accessorie per favorire la diffusione del marchio del soggetto sponsorizzatore (sponsor).
Per ottenere un beneficio d’immagine la Regione aveva stipulato nel 2013 con la società calcistica un’intesa volta alla promozione della Sardegna nell’ambito del campionato nazionale di serie A per due anni, prevedendo di migliorare e rafforzare l’identità visiva della regione, con l’impiego, su ogni genere di supporto (dal merchandising ai biglietti) del marchio “Sardegna”.

I giudici del Tar hanno posto nel nulla questo complesso impegno, applicando rigidamente l’articolo 6 del Dl 78/2010 e ponendo in serie difficoltà la società calcistica. Il legislatore statale ha infatti vietato qualsiasi forma di contribuzione a terzi, anche se intesa a valorizzare il nome o le caratteristiche dell’ente ovvero a sostenere eventi che non siano diretta espressione dei compiti istituzionali dell’ente. Esclusa quindi la sponsorizzazione, gli enti pubblici possono solo affidare un patrocinio (gratuito), oppure erogare contributi.
Questi ultimi, tuttavia, sono possibili solo per soggetti (fondazioni, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale: articolo 4 Dl 95/2012, o pro-loco, Corte dei conti Lombardia, 89/2013) che svolgano in forma sussidiaria un’attività propria dell’ente pubblico. Gli enti pubblici non hanno quindi possibilità di sponsorizzare sè stessi, e quindi saltano a piè pari la sottile distinzione fiscale tra spese di pubblicità (se vi è un immediato ritorno commerciale, Cassazione 14252/2014) e di rappresentanza. Il divieto assoluto di spesa elimina questo dubbio.

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