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Call center, accordo al ministero

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Lavoro e Previdenza

Call center, accordo al ministero

  • –Giuseppe Maccarone

Le imprese, qualificate come tali in base all’articolo 2082 del Codice civile, esercenti attività di call center, che hanno i requisiti per beneficiare delle misure particolari di sostegno al reddito in base al decreto ministeriale 22763/2015 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 18 novembre), devono sottoscrivere un accordo presso il ministero del Lavoro – direzione generale tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali - e trasmettere la domanda alla direzione generale ammortizzatori sociali in Roma, tramite raccomandata oppure avvalendosi della Pec (DGammortizzatorisociali.div3@pec.lavoro.gov.it).

L’azienda deve indicare, tra gli altri, i dati dell’unità operativa beneficiaria del trattamento; la causale di accesso, oltre al programma di crisi e al piano di risanamento. Deve autocertificare: appartenenza al settore dei call center; assenza del diritto alla Cigs; di avere occupato (si ritiene mediamente) più di 50 dipendenti nel semestre precedente la data della domanda; presenza di unità produttive in diverse regioni o province autonome; adozione, entro il 31 dicembre 2013, delle misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto, introdotte dalla legge Finanziaria del 2007 (articolo 1, comma 1202, della legge 296/2006).

Nella domanda, a cui vanno allegati il verbale di accordo e l’elenco dei lavoratori coinvolti, l’impresa deve indicare, tra l’altro, se anticiperà il pagamento dell’indennità oppure se chiede il pagamento diretto da parte dell’Inps.

Lo ha specificato il ministero del Lavoro nella circolare 31/2015. Una delle condizioni per usufruire della misura è l’adesione alla stabilizzazione di co.co.pro, i quali devono risultare ancora in forza, al 18 novembre, data di pubblicazione del Dm 22763/2015 nel sito internet del ministero del Lavoro. Il sostegno al reddito, che non potrà durare più di 12 mesi, corrisponde al massimale più elevato di cassa integrazione guadagni straordinaria, vale a dire 1.167,91 euro (per il 2015). Possono beneficiarne i lavoratori subordinati, compresi gli apprendisti, con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio. Le aziende che accedono all’intervento devono pagare un contributo addizionale del 9%, calcolato sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate.

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