Per la terza volta le Sezioni unite intervengono sul tema del contraddittorio preventivo. Non risultano altre questioni che hanno richiesto ben tre interventi del massimo consesso della Cassazione a un ritmo di uno ogni dieci mesi. Ora i giudici, consapevoli della singolarità della vicenda, si sforzano a illustrare le ragioni per le quali le contraddizioni emerse in due anni in seno all'alto consesso in realtà non sarebbero tali.
Nella sentenza 19667/2014 sembrava definitivamente affermato il principio secondo cui, per tutte le attività di controllo, era obbligatorio un confronto preventivo pena la nullità dell'atto impositivo. Ora si giunge a conclusioni differenti: non esiste nel nostro ordinamento un diritto al contraddittorio preventivo. Si introduce così una incredibile distinzione tra tributi di serie A (i tributi armonizzati) e di serie B (non armonizzati). Sfugge all'alto consesso che l'atto impositivo è unico e riguarda tutti i tributi: così per la parte Iva esisterà il diritto al contraddittorio, per le imposte dirette, invece, nessun diritto. Si introduce poi un surrettizio giudizio incidentale volto a verificare le conseguenze ove vi fosse stato il contraddittorio prima dell'emanazione dell'atto. È evidente che, aldilà della condivisiblità dell'interpretazione delle Sezioni unite, resta il disorientamento degli operatori. La sensazione è di una continua ricerca della condivisione delle ragioni dell'amministrazione, la quale probabilmente, con un piccolo sforzo, avrebbe invece fatto un ulteriore salto di qualità nel decantato rapporto fisco –contribuente.
© Riproduzione riservata