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Gay, sì all’adozione per il partner. Per la Corte…

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diritto di famiglia

Gay, sì all’adozione per il partner. Per la Corte d’Appello di Milano via libera alla trascrizione di un provvedimento spagnolo

La Corte d’appello di Milano ha dichiarato l’efficacia in Italia del provvedimento con cui una donna ha adottato in Spagna la figlia della sua compagna (le due si sono sposate e poi hanno divorziato), nata con fecondazione eterologa. I giudici hanno ordinato la trascrizione dell’atto. La sentenza emessa dalla sezione Minori e Famiglia rappresenta uno dei primi casi di riconoscimento della cosiddetta stepchild adoption per una coppia omosessuale.

Le due donne italiane, stando a quanto viene ricostruito nel provvedimento, hanno iniziato una relazione nel 1999 e nel 2003 una delle due, attraverso una fecondazione eterologa, ha partorito una bambina. Dopo aver convissuto alle Canarie, assieme alla piccola, si sono sposate in Spagna con matrimonio civile nel 2009 e nel 2010, come consente la legge spagnola, la «coniuge della madre biologica» ha adottato la piccola. Due anni fa, però, le donne hanno divorziato in Spagna. Sempre nel 2013, poi, la donna adottante si è rivolta al Tribunale per i minorenni di Milano «chiedendo il riconoscimento agli effetti civili interni dell’ordinanza di adozione spagnola della figlia», ma i giudici nel 2014 hanno respinto l’istanza. Da qui il ricorso in appello.

La Corte d’appello ha respinto altre domande presentate dalla donna, come il riconoscimento e la trascrizione dell’atto di matrimonio contratto in Spagna e della sentenza di divorzio e la trascrizione dell’accordo regolatore del divorzio. Il collegio, tuttavia, ha dichiarato l'efficacia dell’ordinanza spagnola sull’adozione, ordinando la trascrizione anche in Italia dell’atto. E di conseguenza ha riconosciuto come valido in Italia anche l’accordo regolatore sulle condizioni relative alla responsabilità genitoriale nei confronti della figlia.

Per i giudici è accertato che la bambina è stata allevata, curata e mantenuta e che con la coppia di donne ha evidentemente costruito stabili e forti relazioni affettive ed educative riconosciute dalle stesse donne, tanto che nel dicembre 2012, in previsione del loro divorzio, le due donne riconoscevano come adeguato per la bambina un regime di affido congiunto e la previsione di tempi uguali di permanenza della figlia presso ciascuna.

Sul piano giuridico, La Corte d’appello sottolinea come la legge italiana in materia di adozione prevede che questa è consentita ai coniugi uniti in matrimonio, non separati, neppure di fatto, una volta accertata la loro affettiva idoneità e capacità ad educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare; la stessa legge, però, prevede che l’adozione può essere disposta, nell’esclusivo interesse del minore, nei confronti anche del solo coniuge che, per libera scelta, come consentito nel nostro ordinamento, nel corso di un affidamento preadottivo alla coppia, ha deciso di porre fine alla convivenza coniugale con il coniuge e di separarsi: «anche alla stregua di tale previsione normativa deve quindi concludersi che non possa ritenersi contraria all’ordine pubblico interno un'adozione da parte di una persona singola».

La legge poi permette l’adozione, sia pure con effetti non legittimanti, di un minore da parte di una persona non coniugata, quando è constatata l’impossibilità di affidamento preadottivo. Così, conclude la Corte «non vi è alcuna ragione per ritenere in linea generale contrario all’ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra una persona non coniugata e il figlio riconosciuto del partner, anche dello stesso sesso, una volta valutato in concreto che il riconoscimento dell’adozione, e quindi il riconoscimento di tutti i diritti e doveri scaturenti da tale rapporto, corrispondono all’interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare costruita con ambedue le figure genitoriali (...)».

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