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Professionisti a rischio bancarotta

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Fisco & Contabilità

Professionisti a rischio bancarotta

Sono perseguibili per il reato di concorso in bancarotta fraudolenta quei professionisti che, consapevoli dell’intento dell’imprenditore o dell’amministratore di voler sottrarre ai creditori i beni della società in crisi, forniscono consigli o suggerimenti sulle possibili strade da percorrere o svolgono attività volte a favorire tale intento o garantire l’impunità del management.

È questo il principio ormai consolidato che si desume dalle pronunce della Corte di Cassazione e che i professionisti chiamati ad assistere società in crisi devono tenere ben presente, al fine di evitare la configurazione di una loro responsabilità per il reato di concorso in bancarotta fraudolenta.

Il ruolo del professionista

Nel corso degli ultimi anni, infatti, il ruolo del professionista nell’ambito della crisi d’impresa è divenuto vitale e al tempo stesso delicato per l’intero sistema economico. Numerose sono ancora le società a rischio fallimento e cessazione per le precarie condizioni finanziare interne e le difficoltà di reperimento del credito. Ecco allora che consulenti e professionisti esperti del settore sono sempre più spesso chiamati a fornire pareri e consigli sulle migliori e più appropriate scelte da compiere al fine di poter superare al meglio la crisi. Tuttavia è opportuno, soprattutto in casi del genere, che il professionista chiamato a svolgere questo ruolo così delicato mantenga un comportamento volto alla legalità dell’operato dei clienti assisiti al fine di garantire il pieno rispetto dei terzi creditori.

Secondo la Corte suprema, infatti, nel caso in cui i professionisti forniscano consigli deprecabili o agevolino l’operato distrattivo dell’imprenditore in crisi, è configurabile in capo agli stessi consulenti il reato di concorso in bancarotta fraudolenta (Corte Cassazione, sentenza 39988/2012).

In particolare, nel caso esaminato a seguito del fallimento di una Srl dichiarato dal Tribunale, era stato contestato il delitto di bancarotta fraudolenta ad amministratori reali e di fatto, nonché al commercialista e al liquidatore della società. La Corte d’appello, sulla base delle rilevanze documentali a disposizione, aveva confermato la decisione di primo grado. In contrapposizione a tale giudizio, i professionisti avevano presentato ricorso dinanzi alla Suprema Corte per mancanza di motivazione, in riferimento al contributo fornito alla distrazione messa in atto e per erronea applicazione dell’articolo 216 della legge fallimentare, che delinea i presupposti fondamentali del reato in questione.

Le attività censurate

Nel rigettare i ricorsi e confermare la responsabilità in capo ai professionisti coinvolti, la Cassazione ha sancito in via definitiva la punibilità della condotta dei professionisti coinvolti, allargando lo spettro delle pene principali e accessorie anche ai consulenti esterni. Secondo i giudici di Piazza Cavour, infatti, tre sono le attività messe al bando qualora i commercialisti o esercenti la professione legale siano al corrente dei propositi illeciti dell’imprenditore o degli amministratori:

elaborazione di pareri o suggerimenti tesi a utilizzare strumenti giuridici per abbattere la massa attiva fallimentare, sottraendo di fatto disponibilità a creditori e portatori d’interesse;

assistenza nella stesura di contratti o negoziati volti a configurare azioni illecite di cui al punto precedente;

messa in atto di attività dirette a garantire la mancata punibilità del proprio assistito o destinate a rafforzare i propositi criminosi del cliente.

Alla luce di questa sentenza, dunque, il professionista potrebbe essere quasi certamente chiamato a rispondere in concorso per il reato di bancarotta fraudolenta qualora provveda, ad esempio, alla cancellazione della società dal Registro delle imprese (anche se su incarico dell’amministratore) in presenza di debiti insoluti, per sfuggire a una eventuale richiesta di fallimento da parte dei creditori.

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