Norme & Tributi

Lettere d’intento, fornitore «blindato»

  • Abbonati
  • Accedi
imposte indirette

Lettere d’intento, fornitore «blindato»

La sanzione relativa alle lettere d’intento non si applica al fornitore anche per le violazioni precedenti al gennaio 2015, ossia all’entrata in vigore del nuovo regime previsto dal Dlgs 175/2014 (il decreto semplificazioni attuativo della delega fiscale). A riconoscere l’applicabilità del «favor rei» è la sentenza 529/04/2015 della Ctp Varese.

La controversia scaturisce da un avviso di accertamento con cui l’agenzia delle Entrate ha rettificato effettuato una rettifica nei confronti di una Srl. La contestazione era basata su un processo verbale di constatazione che ha rilevato l’utilizzo di lettere d’intento emesse da soggetti che non sono esportatori abituali e ha eccepito che è compito del soggetto passivo accertarsi che il proprio partner commerciale non svolga un ruolo attivo in una frode e quindi verificarne affidabilità e serietà.

La società ha presentato ricorso in Commissione tributaria facendo notare che in base al principio di legalità (articolo 3 del Dlgs 472/1997) «nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce violazione punibile». Inoltre la ricorrente ha sottolineato che, a seguito dell’entrata in vigore del Dlgs 175/2014, il cedente è punito se effettua la prestazione prima di ricevere la dichiarazione di intento e di aver riscontrato l’inoltro telematico a carico del cessionario, con la conseguenza che il cedente risponde ora solidalmente con il cessionario solo ove la dichiarazione di intento sia mancante (e non nel caso in cui non sia veritiera). Dal canto suo, invece, l’ufficio ha controbattutto che il decreto semplificazioni - che ha trasferito direttamente sull’esportatore abituale (il cessionario/committente), e non più sul fornitore, l’onere di trasmettere telematicamente alle Entrate la dichiarazione d’intento e di consegnare al proprio fornitore, oltre alla dichiarazione, anche la relativa ricevuta di presentazione all’Agenzia - non è intervenuto invece, nella disciplina della responsabilità solidale in ipotesi di frode e mala fede, che la giurisprudenza, colpiva già nel sistema vigente. E, tra l’altro, ad avviso dell’amministrazione finanziaria le nuove regole valgono per le dichiarazioni d’intento dal 1 ° gennaio 2015 e non a quelle precedenti (come nel caso esaminato).

Di diversa opinione il collegio di primo grado, che ha accolto il ricorso della Srl: «Il decreto semplificazioni non ha eliminato tout court l’obbligo di comunicazione - ovvero non ha abrogato la violazione o la sanzione - ma lo ha ridefinito sul piano soggettivo». Pertanto «le due fattispecie di illecito - a carico del fornitore e dell’esportatore abituale - non è possibile individuare alcuna continuità; infatti la nuova fattispecie individua un quadro normativo differente rispetto a quello precedente, attesa la modifica di un elemento essenziale della fattispecie, ossia il soggetto responsabile». Da qui la Ctp giunge alla conclusione che «le violazioni del fornitore, da individuare sulla base della normativa precedente al 1° gennaio 2015, possono godere del favor rei e dunque non essere più sanzionate».

Un’applicazione retroattiva, quindi, ma fermo restando che, anche in vigenza del precedente quadro normativo, la Cassazione (sentenza 28948/2008) aveva stabilito che «il soggetto cedente, una volta riscontrata la conformità alle disposizioni di legge delle dichiarazioni di intenti presentate dagli acquirenti, non era tenuto a eseguire alcun altro controllo, rimanendo la responsabilità, anche penale, derivante da un’eventuale falsità di tali attestazioni totalmente a carico di chi emette la dichiarazione».

© Riproduzione riservata