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Tutti i rischi del prestito vitalizio ipotecario: da oggi le nuove regole

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Tutti i rischi del prestito vitalizio ipotecario: da oggi le nuove regole

Marka
Marka

È tutto pronto per la stipula dei nuovi contratti di “prestito vitalizio ipotecario”. È entrato infatti in vigore ieri il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico 22 dicembre 2015, n. 226, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 38 del 16 febbraio 2016, in attuazione dell'articolo 1, legge 2 aprile 2015, n. 44, con la quale viene tentata la rivitalizzazione di questa particolare forma di finanziamento dedicata a soggetti anziani d'età. Un aspetto già regolato dall'articolo 11-quaterdecies del d.l. 203/2005, il quale non aveva fatto buona prova di sé.

Come funziona
Il prestito vitalizio ipotecario è una particolare forma di finanziamento (importata dal mondo anglosassone, ove è conosciuta con l'espressione reverse mortgage) concedibile ai soggetti che abbiano compiuto 60 anni di età (non c'è un limite d'età massimo) e che offrano ipoteca su un immobile non gravato da altre iscrizioni ipotecarie. È insomma un finanziamento strutturato appositamente per le esigenze finanziarie della popolazione di età avanzata: all'anziano viene concesso un finanziamento a fronte dell'iscrizione di un'ipoteca sulla casa di proprietà (che dunque l'anziano non è costretto a vendere, potendo continuare a viverci serenamente) mentre la restituzione del capitale e degli interessi fa carico, in tutto o in parte, agli eredi posteriormente al decesso del mutuatario.

Tuttavia, ove costoro si rifiutino di provvedere a questo pagamento, la banca può vendere l'immobile e soddisfarsi con il ricavato (restituendo agli eredi l'eventuale eccedenza). L'entità della somma concedibile a mutuo varia sia in funzione del valore della casa concessa in ipoteca sia dell'età del mutuatario: l'importo (che è compreso, in linea di massima, tra il 15 e il 50 per cento del valore dell'immobile) è tanto più elevato quanto più la casa vale e quanto più è avanzata l'età del mutuatario.

Le criticità
Dal lato del soggetto finanziato (e dei suoi eredi), la principale ombra è rappresentata dall'esponenziale crescita del debito (dovuta alla capitalizzazione annuale degli interessi sulla somma erogata), specie ove vi sia una lunga aspettativa di vita: questo meccanismo è in grado di “mangiare” in poco tempo l'intero valore dell'immobile offerto in garanzia.
Altro aspetto di perplessità deriva dalla considerazione che la casa oggetto di ipoteca non è vendibile, non è ulteriormente ipotecabile e nemmeno è possibile concederla in locazione a terzi: infatti in tutti questi casi, la legge sancisce la cosiddetta “decadenza dal beneficio del termine” e cioè la banca può dichiarare il contratto risolto e pretendere la restituzione immediata di capitale e interessi.

Una opportuna considerazione deve essere poi rivolta al fatto che, quando la banca (dopo la morte del soggetto finanziato) si trovi a vendere l'immobile, in quanto gli eredi non abbiano provveduto al “riscatto”, addossandosi il pagamento del debito verso la banca, il valore di vendita è stimato da un perito nominato dalla banca stessa. Occorre anche tenere in conto che, se manchino acquirenti, il prezzo di vendita viene ribassato del 15 per cento ogni anno.

Peraltro, va sottolineato che, a tutela degli eredi, la legge impone che l'entità del debito da rimborsare alla banca non possa mai eccedere il valore di realizzo dell'immobile: in altri termini, se gli eredi non riscattano l'immobile ipotecato e la banca deve soddisfarsi vendendo, se il ricavato non è sufficiente a coprire il credito della banca, gli eredi non possono essere chiamati a pagare la differenza.

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