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Omicidio stradale a confini incerti

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Diritto

Omicidio stradale a confini incerti

  • –Maurizio Caprino

I più esposti sembrano i consulenti tecnici del pubblico ministero. Tra pochi giorni entrerà in vigore la legge che ha introdotto il reato di omicidio stradale ed è prevedibile che, nel generale aggravio di responsabilità e lavoro che l’inasprimento delle pene (con il conseguente aumento della posta in gioco) comporta per tutte le categoria professionali che operano nei processi sugli incidenti (si veda «Il Sole 24 Ore» di sabato scorso e del 29 ottobre 2015), il ruolo più delicato sia proprio quello dei periti.

La nuova legge, approvata mercoledì della settimana scorsa, sarà pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» nei prossimi giorni ed entrerà in vigore il giorno successivo. Sarà applicata a tutti gli incidenti che si verificheranno a partire da questa data.

Il problema fondamentale aperto dall’omicidio stradale è che proprio l’aumento della posta in gioco privi la magistratura dell’apporto dei professionisti più esperti. Infatti, “i migliori” saranno più richiesti dalle parti, che saranno disposte a pagarli meglio rispetto ai compensi garantiti dai Tribunali. Peraltro, la distribuzione di questi ultimi non è nemmeno uniforme sul territorio nazionale e, secondo gli addetti ai lavori, a volte gli importi sono più bassi dove esiste una gran quantità di professionisti disposti ad accettare anche una scarsa remunerazione pur di ricevere incarichi. In questo contesto, è lecito farsi domande sulla qualità del lavoro che viene svolto.

Poi ci sono i problemi legati al fatto che il teatro degli incidenti è un luogo aperto come la strada e spesso i veicoli coinvolti vengono rottamati o riparati (raramente restano sotto sequestro a lungo), per cui molte tracce si perdono in poco tempo. E, se non vengono rilevati in modo completo e corretto dalle forze dell’ordine che intervengono nell’immediatezza del fatto, si rischia di perdere elementi che avrebbero potuto cambiare l’esito del processo. Questo vale a maggior ragione se si considera che nella maggior parte dei casi gli agenti che intervengono non hanno una preparazione specifica e sono pressati soprattutto dall’esigenza di riportare la circolazione alla normalità; per questo, si rischia anche che la scena dell’incidente sia contaminata dagli interventi dei vari operatori accorsi. Non a caso, la norma Uni 11472 (che da gennaio 2013 è stata introdotta come standard di rilevazione dei sinistri) afferma che è opportuno rilevare anche gli elementi di dubbia attinenza con l’incidente, segnalandoli come tali.

Si può quindi dire che molti accertamenti tecnici a seguito d’incidente stradale siano da considerare irripetibili. Nonostante questo, non sempre i giudici ordinano di effettuare incidenti probatori (esami urgenti fatti già durante le indagini preliminari con le stesse garanzie che normalmente dà solo il dibattimento) o i pm conferiscono incarichi per accertamenti da svolgere «senza ritardo» anche in presenza delle parti (articolo 360 del Codice di procedura penale).

Inoltre, il consulente del pm deve fare in fretta anche dopo che gli accertamenti si sono svolti: il suo ruolo è quello di supportare il magistrato inquirente nel chiudere le indagini preliminari, rispettando i tempi massimi che la legge fissa per la loro durata.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che poi in dibattimento, sulla base di testimonianze e altri elementi che emergono a distanza di tempo, si formano altre prove. Oppure alcuni elementi su cui il perito aveva lavorato durante le indagini preliminari si dimostrano errati. Quindi il rischio è che la consulenza tecnica perda di attendibilità.

Comunque il progresso tecnologico può aiutare molto. Soprattutto con gli strumenti di rilevazione in 3D, che si sono sviluppati e diffusi in questo decennio. Ma la tecnologia apre anche nuovi problemi (si veda l’articolo a fianco).

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