C'è persino il numero di accessi alle cassette di sicurezza tra le informazioni che gli operatori finanziari devono comunicare al fisco entro il prossimo 31 marzo. Un flusso telematico che porterà nei database dell'amministrazione finanziaria oltre 500 milioni di dati sui conti correnti e i rapporti finanziari intrattenuti dai contribuenti italiani: dalla giacenza media al saldo contabile di inizio e fine anno; dalle ricariche sulle carte prepagate agli acquisti di titoli effettuati nell'ultimo anno.
Il Sole 24 Ore del lunedì ha stimato il numero di informazioni che saranno trasmesse al fisco partendo dalla tabella allegata al provvedimento del direttore delle Entrate del 28 maggio 2015 (73782/2015), che indica il numero di dati da trasmettere per ogni tipologia di rapporto finanziario. Ad esempio, per gli oltre 39 milioni di conti correnti, le banche e Poste italiane dovranno indicare cinque elementi: il saldo contabile a fine 2014, il saldo a fine 2015, il totale degli accrediti effettuati nell'anno sul conto, il totale degli addebiti e la giacenza media annua. In altri casi, invece, i dati sono meno numerosi. Così, per i prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione – come le polizze index linked – andrà comunicato l'importo totale degli incrementi della polizza e dei riscatti effettuati nell'anno.
La stima dei dati è effettuata per difetto, perché considera solo i rapporti finanziari principali, monitorati nelle pubblicazioni statistiche di Banca d'Italia, Abi e Ania. Non sono stati considerati, tra gli altri, i rapporti fiduciari (legge 1966/1939), i contratti derivati e le operazioni di acquisto e vendita di oro, che pure sono oggetto di comunicazione. Anche così, comunque, il flusso informativo resta imponente. Tanto imponente da aver fatto osservare ad alcuni commentatori che il fisco rischia di finire in information overload, in sovraccarico da informazioni.
In realtà, tutto dipenderà dalla qualità dei dati trasmessi e dalla capacità dell'amministrazione finanziaria di incrociarli e filtrarli per effettuare un'analisi di rischio in grado di stanare i veri evasori. Sotto il primo aspetto – quello della qualità dei dati – le procedure attivate da banche, Poste, intermediari, Sgr e altri operatori finanziari tenuti all'invio danno buone garanzie. Anche perché si tratta di aggregare elementi che tutti questi soggetti utilizzano già nella propria attività, come il controvalore dei titoli al 31 dicembre 2015 rilevato nell'estratto conto del deposito titoli.
L'analisi dei dati, invece, è l'aspetto da cui dipende il concreto utilizzo della Super-anagrafe come strumento di contrasto all'evasione fiscale, nella convinzione che il nero prima o poi debba transitare per qualche canale “tracciato”, perché è evidente che il contante incassato e speso come tale non potrebbe essere individuato, se non indirettamente. Ma l'utilizzo non si ferma all'antievasione, visto che il dato sulla giacenza media annua serve per scovare chi mente sull'Isee per ottenere agevolazioni ad esempio su asili nido o mense scolastiche.
Oltre a quest'ultima modifica, la legge di Stabilità 2015 ha eliminato il riferimento alle liste selettive (contenuto nella versione originaria della norma introdotta dal decreto salva-Italia del 2011) per stabilire che le informazioni arrivate alla Super-anagrafe siano «utilizzate dall'agenzia delle Entrate per le analisi del rischio di evasione». In qualche modo si tratta di definire degli identikit in base a dei parametri o a delle anomalie per focalizzare i controlli su chi effettivamente sembra essere fuori rotta con i redditi dichiarati. Si tratta, quindi, di un'attività funzionale a innescare l'accertamento vero e proprio. Un'attività completamente diversa dalle indagini finanziarie che, invece, vengono avviate con una procedura autorizzata dalla direzione regionale delle Entrate o dal Comando regionale della Guardia di finanza per supportare il controllo una volta avviato. Tra l'altro, secondo gli ultimi dati disponibili, i contribuenti sottoposti a verifiche bancarie dalle Entrate sono stati 11.644 nel 2014: un valore inferiore di oltre il 21% rispetto ai 12 mesi precedenti e addirittura del 39% nel confronto con il 2012.
Restano comunque alcuni nodi da sciogliere. L'ultimo in ordine cronologico è quello segnalato dal Garante della privacy che ha chiesto di definire la procedura per l'accesso ai database da parte dell'Inps.
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