Norme & Tributi

Contraddittorio, diritto selettivo

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Fisco & Contabilità

Contraddittorio, diritto selettivo

  • –Laura Ambrosi

In attesa della decisione sul contraddittorio le garanzie dei contribuenti rimangono incerte per le differenti interpretazioni della Corte di cassazione anche a Sezioni unite .

Il diritto al contraddittorio nel nostro ordinamento è espressamente previsto esclusivamente da alcune norme: gli uffici, di regola, solo per queste convocano il contribuente prima di emettere un atto nei suoi confronti. Secondo l’orientamento della giurisprudenza comunitaria, invece, ogni cittadino ha diritto di essere ascoltato prima che nei suoi riguardi sia emesso un atto che possa incidere sul suo patrimonio, con la conseguenza che da questo principio emerge un generale obbligo di riconoscere il diritto al contraddittorio preventivo.

La giurisprudenza di legittimità, intervenuta ripetutamente sul punto, è ormai unanime circa l’applicazione dell’istituto in tutte le ipotesi di accesso presso i locali del contribuente (per tutte le Sezioni Unite, sentenza 18184/13). È il caso degli accertamenti emessi in seguito a verifica, per i quali occorre attendere almeno 60 giorni per l’emissione del provvedimento decorrenti dalla data di consegna del processo verbale di contestazione (ex articolo 12, comma 7 della legge 212/00).

I dubbi restano per i controlli in ufficio (cosiddetti “a tavolino”). Nella penultima sentenza delle Sezioni unite (19667/14) sembrava essersi risolta la questione poiché era stato chiaramente affermato il principio secondo cui, per tutte le attività di controllo, è obbligatorio un confronto preventivo, pena la nullità dell’atto impositivo (finanche come nel caso della pronuncia per il preavviso di ipoteca). In effetti, poteva sembrare la soluzione più ragionevole, al fine di non creare un’ingiustificata distinzione in base al tipo di controllo subito dal contribuente.

Con la sentenza 24823/15, i giudici di legittimità sono giunti, invece, a conclusioni totalmente differenti e hanno affermato che non esiste nel nostro ordinamento un diritto generalizzato al contraddittorio preventivo, salvo non sia espressamente previsto per legge. Si tratta, infatti, di un principio di derivazione comunitaria e pertanto applicabile solo ai tributi “armonizzati”. Tuttavia, anche per questa ipotesi, perché operi la sanzione di nullità del provvedimento occorre che il contribuente dimostri che in tale sede avrebbe concretamente potuto produrre elementi difensivi.

I giudici di merito non pare si siano adeguati a tale ultima pronuncia, confermando che le garanzie previste dall’articolo 12 non vanno necessariamente circoscritte agli accessi presso la sede del contribuente poiché la locuzione “accessi, ispezioni e verifiche” può riguardare tutti i tipi di controllo e dunque anche quelli cosiddetti “a tavolino” (da ultimo Ctp di Reggio Emilia, sentenza 5/01/16). In tale contesto va poi segnalato che dovrà pronunciarsi anche la Consulta su richiesta della Ctr Toscana (ordinanza 736/1/15).

Allo stato attuale esistono, così, due incredibili distinzioni, innanzitutto tra la tipologia di controllo adottata (se presso la sede o a tavolino) e poi se si tratti di un tributo armonizzato o meno. Di fatto, però, ciò significa creare due categorie di contribuenti: di serie A, i quali hanno diritto sia a ricevere copia del verbale conclusivo delle operazioni di verifica, sia al contraddittorio preventivo, e di serie B, i quali potranno scoprire delle pretese avanzate dall’Ufficio solo in seguito alla notifica dell’avviso di accertamento. Peraltro, a ben vedere, proprio per i controlli svolti in Ufficio sussiste ancora di più l’esigenza di contraddittorio preventivo: durante le verifiche presso la sede, infatti, vi è una interlocuzione costante tra verificatore e verificato, attraverso la redazione dei verbali giornalieri nei quali il contribuente può far rilevare le proprie osservazioni ed anche attraverso la consegna del verbale conclusivo, che riepiloga i rilievi contestati.

Al contrario, invece, nei controlli a tavolino, il contribuente potrebbe ricevere un accertamento esecutivo in “risposta” ad una mera produzione documentale o anche di un questionario, senza aver potuto conoscere la posizione dell’Ufficio e prospettare le proprie ragioni.

A questo punto l’intervento della Corte costituzionale appare necessario, ma soprattutto urgente, perché si rischia, nei giudizi di legittimità in materia, che il contribuente possa vedere riconosciute o meno le proprie ragioni sul contraddittorio non in base alla loro fondatezza, ma al giudice chiamato a decidere. Il che non sembra proprio il massimo in uno Stato di diritto.

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