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Compatibilità da rispettare

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flessibilità e pensioni

Compatibilità da rispettare

Il «rispetto degli obiettivi di finanza pubblica», citato dalla risoluzione di maggioranza sul Documento di economia e finanza (Def) approvata ieri sia dalla Camera sia dal Senato, a proposito delle novità allo studio sul tema della flessibilità in uscita per le pensioni, pare fondamentale in chiave europea e non solo.

Le soluzioni anche originali e innovative (tra queste il coinvolgimento del sistema bancario) cui ha fatto riferimento il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, puntano a evitare che il costo dell’operazione (dai 5 ai 7 miliardi) sia posto totalmente a carico della finanza pubblica. Con la conseguente necessità di farvi fronte attraverso il contestuale aumento dell’imposizione fiscale, oppure con tagli di pari entità alla spesa corrente primaria. In entrambi i casi, con effetti recessivi più che probabili.

Il quadro delle compatibilità contenuto nel Def non lascia del resto grandi altri margini di azione. L’urgenza – ribadita peraltro dalla stessa risoluzione – è disinnescare le clausole di salvaguardia (vale a dire l’aumento dell’Iva e delle accise )che scatterebbero dal prossimo anno) per 15,1 miliardi nel 2017 e 19,6 miliardi a decorrere dal 2018. In contemporanea con la prossima manovra di bilancio occorrerà individuare risorse aggiuntive per sostenere la crescita, potenziando quanto già previsto (il taglio dell’Ires) attraverso un contestuale intervento sull’Irpef. Il Governo intende recuperare le relative risorse sia con la nuova iniezione di flessibilità europea su cui si attende il giudizio di Bruxelles, attraverso l’incremento del deficit dall’1,1 all’1,8% (attorno agli 11 miliardi), sia con la spending review. Vi rientra – come sottolinea la risoluzione – il capitolo delle tax expenditures con esclusione di quelle che riguardano il lavoro e la famiglia, ad esempio le detrazioni per coniuge e figli a carico. Già con questi “paletti” di partenza, la manovra del 2017 si presenta a dir poco impegnativa.

Ci si muove nel sentiero stretto imposto dalla necessità di mantenere alta la guardia sul fronte dei conti pubblici, a causa dall’enorme debito pubblico prima ancora che delle regole europee, e dall’altrettanto necessaria azione di spinta della domanda interna. Strada obbligata, per cercare di compensare dal lato delle azioni di politica economica gli effetti di rallentamento del ciclo internazionale. Ecco perché l’intervento sulla flessibilità in uscita dovrà necessariamente configurarsi sostanzialmente neutrale, dal punto di vista dei saldi di finanza pubblica. Si fa riferimento, sia nel Def che nella risoluzione, al rafforzamento degli strumenti diretti ad accrescere la «fedeltà fiscale», e a ridurre «i margini di evasione ed elusione», a partire dall’Iva. Obiettivo condivisibile, peraltro presente in tutti gli impegni programmatici degli ultimi anni, con l’ovvia avvertenza che i proventi della lotta all’evasione non possono (o non dovrebbero) essere ipotecati ex ante sotto forma di copertura di maggiori spese o minori entrate.

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