Norme & Tributi

Sull’autoriciclaggio incertezze destinate alla Cassazione

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Sull’autoriciclaggio incertezze destinate alla Cassazione

A più di un anno dall’entrata in vigore, l’autoriciclaggio balza agli occhi per lo scandalo dei Panama papers. Nomen omen, per dirla con il brocardo: il reato tradisce le origini. Non a caso il battesimo coincide con la legge 186/2014, destinata all’emersione e rientro dei patrimoni illecitamente detenuti all’estero (la “voluntary disclosure”). Cosicché, la preannunciata volontà del fisco italiano di setacciare le liste panamensi alla ricerca dei contribuenti evasori comporterà a cascata la perseguibilità pressoché automatica per condotte di self-laundering.

Ma procediamo per ordine. La recente politica criminale in materia economica si distingue per tratti persino monotoni nella loro ripetitività: intanto, l’aspetto governocentrico, che relega il Parlamento a recettore di scelte eterodirette; ancora, la cinica esigenza di far cassa, cioè l’asservimento delle modalità e del contenuto dell’incriminazione a obiettivi di invarianza di bilancio, anzi di reperimento di risorse finanziarie aggiuntive. Infine, il disagio linguistico condensato in formule oscure con inevitabili ricadute quanto a certezza del diritto. Il ”vissuto” degli ultimi anni lo testimonia: lo spacchettamento della concussione con l’induzione indebita, il falso in bilancio, la clausola deflattiva della particolare tenuità del fatto (e l’elenco potrebbe continuare) scontano un imprinting macchinoso, con l’effetto a cascata di rimettere alla giurisprudenza l’esatto perimetro applicativo, spesso attraverso interpretazioni creative. La degenerazione del sistema si tocca con mano nel disallineamento delle pronunce, tale da invocare il ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione per dirimere il contrasto. Emblematica la punibilità del falso valutativo, rientrata dalla finestra, a fronte delle opzioni (almeno formali) legislative. Facile allora prevedere medesima sorte per l’autoriciclaggio, che ricorda il tentativo del barone di Münchausen di salvarsi dalle sabbie mobili afferrandosi per i capelli.

Ciò poiché, semplificando, il reimpiego nel circuito economico dei proventi di un delitto-presupposto a opera di un unico autore risponde all’esigenza, astrattamente condivisibile, di evitarne l’inquinamento con l’ingresso di denaro sporco. Lo scopo di protezione del mercato si scontra tuttavia con la descrizione di una condotta tipica tale da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa.

L’avverbio «concretamente», introdotto dalla riforma e assente nel riciclaggio, se funzionale al recupero di una decettività significativa in termini di offensività, risulta distonico però rispetto al bene giuridico tutelato, strizzando l’occhio verso obiettivi di salvaguardia dell’amministrazione della giustizia. Il baricentro dell’autoriciclaggio e del tipo criminologico sotteso si inclina ormai verso il reimpiego da evasione tributaria. Se inoltre è condivisibile il range sanzionatorio (2-8 anni di reclusione) minore a confronto del riciclaggio (4-12 anni), dovendosi temere di più chi smacchia l’abito rivolgendosi alla lavanderia specializzata anziché ricorrere alla lavatrice di casa, il punto debole della riforma si annida nella causa di non punibilità di cui al quarto comma, riferita alle «condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinati alla mera utilizzazione o godimento personale». L’oscurità semantica è pari alla tortuosità logica. Innanzitutto per l’incipit «fuori dei casi di cui ai commi precedenti»( forse da intendersi al contrario «nei casi»). Inoltre, per la curiosa creazione di un’eccezione (comma 4) all’eccezione (comma 1) che fa rivivere il principio generale di non punibilità; ancora, per l’inversione dell’onere della prova, a carico dell’imputato. E soprattutto per il carattere “personale” della destinazione, riferito al solo riciclatore o anche alla famiglia? E da considerarsi esclusivo o no? Con conseguenze non trascurabili. Così, una modesta vincita frutto di scommesse clandestine, utilizzata per giocare al lotto (attività speculativa) sarà punibile se sia stata condivisa con un amico, dando vita peraltro, nel caso di pluralità di puntate, a un autoriciclaggio a catena, con pene finali eccessive, confrontate con il peso dell’offesa. E il profitto di un insider trading utilizzato per l’acquisto di una barca non integrerà l’autoriciclaggio quando l’autore se ne serva unicamente per prendere il sole, anziché contemporaneamente noleggiarla il fine-settimana.

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