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Transfer pricing, attenzione ai Paesi più «vantaggiosi»

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FISCO

Transfer pricing, attenzione ai Paesi più «vantaggiosi»

I controlli in materia di prezzi di trasferimento, al centro del dibattito sia sotto il profilo della doppia imposizione sia sotto quello della ripartizione dell’onere della prova, devono focalizzarsi su politiche aggressive di erosione della base imponibile poste in essere con Paesi dotati di una fiscalità di vantaggio.

Queste le indicazioni della circolare 16/E del 28 aprile 2016 in tema di transfer pricing. La ratio ispiratrice è quella di impedire i fenomeni di doppia imposizione internazionale che sono connessi alle riprese a tassazione nel nostro Paese (il maggior imponibile accertato in Italia è sovente già stato tassato in un’altra giurisdizione con una imposizione similare). L’Agenzia apre quindi alla possibilità che le attività sui prezzi di trasferimento in futuro vengano gestite in primis attraverso ruling preventivi (oggi possibili anche su base bilaterale) e che in caso di rettifiche si tenga comunque in considerazione la doppia imposizione e quindi anche la possibilità di accedere alle cosidette Mutual agreement procedure con le autorità fiscali estere. In definitiva in quest’ambito le attività ispettive dovranno essere indirizzate verso le ipotesi maggiormente significative di alterazione dei prezzi e, in particolare, dovranno riguardare le fattispecie che prevedono la delocalizzazione dei redditi verso giurisdizioni con regimi tributari più vantaggiosi rispetto a quello domestico. L’Agenzia per individuare tali fattispecie avrà a disposizione anche il cosiddetto country by country reporting, nuovo adempimento, in attesa di decreto attuativo, volto proprio a mappare l’allocazione degli imponibili da parte dei gruppi.

I chiarimenti in tema di transfer pricing sembrano riflettere il generale cambiamento (a tendere) di strategia di contrasto all’evasione fiscale dell’agenzia delle Entrate. L’Agenzia, in futuro, dovrebbe focalizzarsi in sede di controllo sulle forme più gravi di evasione, caratterizzate da comportamenti fraudolenti, e dovrebbe tendere sempre più verso la “prevedibilità” dell’imposizione, stimolando forme di collaborazione preventiva con i contribuenti ispirate a professionalità, ragionevolezza e trasparenza. Del resto questa è la direzione perseguita anche in seno all’Ocse e al progetto Beps.

Fisco e contribuenti, secondo la circolare 16, devono poter dialogare in modo naturale e nel dialogo l’Agenzia dovrà ispirarsi a principi di chiarezza e correttezza, anche con l’obiettivo di ottenere un miglioramento in termini qualitativi delle proprie attività di accertamento.

Quanto alle formule che vedranno impegnata l’Agenzia nel dialogo preventivo con le imprese di grandi dimensioni, un ruolo fondamentale rivestirà la cooperative compliance prevista dal Dlgs 128/2015. La normativa ha cominciato a trovare attuazione con il provvedimento 54237/2016 dell’agenzia delle Entrate del 14 aprile.

Avere a disposizione strumenti di dialogo preventivo volti a una effettiva deprocessualizzazione della materia tributaria è una esigenza non più procrastinabile. L’istituto potrà trovare maggiore risalto non appena il Mef individuerà con decreto i criteri di accesso al regime (che in fase di prima applicazione è limitato a una platea ristrettissima di soggetti) per tutti i grandi contribuenti (soggetti con ricavi non inferiori a 100 milioni di euro) e le modalità per la procedura abbreviata di interpello i cui tempi di risposta non potranno superare i 45 giorni. Tuttavia sarebbe anche auspicabile un ampliamento dei benefici premiali connessi all’accesso al regime a fronte dell’oneroso obbligo di mappatura dei rischi previsto in ottica Dlgs 231/2001.

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