Norme & Tributi

Redditi e tasse, ecco la mappa di ricchi e poveri tra i big d’Europa

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L’INCHIESTa DEL LUNEDÌ DEL SOLE

Redditi e tasse, ecco la mappa di ricchi e poveri tra i big d’Europa

Tra i nomi sicuri ci sono l’immancabile regina Elisabetta, insieme al magnate russo Lev Blavatnik, ormai cittadino londinese. O Friede Springer dell’omonimo gruppo editoriale tedesco e il fondatore della Lidl, Dieter Schwarz. I Paperoni nei sei big d’Europa sono circa un milione e abitano soprattutto nel Regno Unito e in Germania. Il confronto completo per le varie platee di contribuenti, dai più poveri ai più ricchi, mette in fila fasce di reddito, aliquote, analogie (poche) e differenze (molte) tra le varie Irpef di sei Paesi europei: Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Olanda.

Su una popolazione che nei sei Paesi considerati raggiunge i 336 milioni di abitanti, i super-ricchi rappresentano una magra percentuale, lo 0,3% appena. Al polo opposto oltre 50 milioni di “poveri” (il 15% degli abitanti) con un reddito fino a 10mila euro che la crisi ha reso ancora più precario.

Lo segnalano i dati raccolti dal Sole 24 Ore ed elaborati dalla Scuola europea di alti studi tributari di Bologna. Il confronto tra i vari sistemi di prelievo sulle persone fisiche è complesso e si scontra con ostacoli statistici e differenze tra i regimi fiscali. In assenza di un’Irpef europea e di una base imponibile omogenea, ogni Paese adotta infatti il proprio modello in coerenza con le scelte di politica economica. Succede, ad esempio, con gli scaglioni a cui si applicano le aliquote marginali. Sono cinque in Francia, Germania, Spagna e Italia (dove il premier Renzi sta valutando una riduzione nell’ambito delle riflessioni sulla “nuova Irpef”), 4 in Olanda e 3 in Gran Bretagna.

Ma a segnare le differenze sono anche le classi di reddito utilizzate più per finalità statistiche. Si va così dalle 34 fasce dell’Italia fino alle 8 della Francia che poi si scompongono in altre diciassette. In Gran Bretagna sono invece 11, in Germania 17, in Spagna e Olanda 10. Non solo. A Roma, Londra e Madrid i dati ufficiali si riferiscono ai contribuenti singoli, negli altri tre Paesi al nucleo familiare. Per poter effettuare la comparazione è stato dunque necessario normalizzare le fasce.

All’ombra del Big Ben i super-ricchi sono 217mila (lo 0,7% dei contribuenti) e in 5mila “ammettono” un reddito oltre i due milioni di sterline (circa 2,6 milioni di euro). In Italia la quota oltre i 200mila euro scende allo 0,2% del totale (poco più di 78mila contribuenti), mentre solo 32mila persone dichiarano oltre 300mila euro. Il numero più basso è in Spagna: 10mila contribuenti pari allo 0,05% del totale. Qui solo 5mila persone certificano un reddito oltre 600mila euro. Se si guarda invece ai nuclei familiari primeggia la Germania con 345mila Paperoni, lo 0,9% del totale. E sono quasi 15mila le famiglie che dichiarano oltre un milione di euro. In Francia la quota scende allo 0,4% e 93 «foyers» si situano sopra i 9 milioni di euro.

Sopra i 100mila euro
Sono invece circa 5,4 milioni i contribuenti con un reddito tra i 100 e i 200mila euro e in Olanda rappresentano oltre l’11% del totale. La platea sale allo 0,8 dei singoli in Italia, all’1,1 in Spagna e al 2,1% in Gran Bretagna. Mentre in Francia e Germania si aggirano attorno al mezzo milione le famiglie che appartengono a questa categoria.

L’Italia vanta il record dei contribuenti con i redditi più bassi, tra 0 e 10mila euro: quasi 13 milioni, circa un terzo del totale, seguita dalla Germania dove le famiglie che rientrano in questa fascia sono il 28% di tutti i contribuenti. In Spagna e Gran Bretagna la quota maggiore si situa nella soglia tra 10 e 20mila euro, così come in Francia.

Anche il numero complessivo di chi è soggetto all’imposta sulle persone fisiche varia in modo considerevole da Paese a Paese, con l’Italia in testa: 40,7 milioni, il 70% della popolazione, complice probabilmente anche l’alto numero di partite Iva. Nel Regno Unito paga invece l’imposta sul reddito solo la metà della popolazione totale. Qui, infatti, entra in gioco la detassazione dei redditi bassi fino a 10mila sterline. Londra non rivela questo dato, al contrario di Parigi, dove sono ben 8,4 milioni i contribuenti con un reddito al di sotto di 9.700 euro che beneficiano dell’aliquota zero.

Le aliquote
Incrociando i dati di fasce e aliquote si scopre che l’Olanda vanta la più alta percentuale di redditi oltre i 100mila euro, ma anche l’aliquota del 52%, la più elevata tra i big Ue. Ben 30 punti in più rispetto alla Spagna, dove però vengono prese in esame solo le aliquote applicate a livello nazionale. Italia e Germania si distinguono invece per l’imposta marginale più elevata per i redditi bassi (rispettivamente 23 e 25 per cento).

A livello complessivo, comunque, al di là degli ostacoli fin qui accennati, emergono due tendenze principali. Da un lato in Italia si assiste a una progressiva rarefazione dei contribuenti man mano che la classe di reddito aumenta, con una percentuale che passa dal 32% circa della platea nazionale totale dei contribuenti ad appena lo 0,2 per cento. Diverso è il caso della Germania, che conta un numero di contribuenti quasi analogo a quello del nostro Paese. Qui, però, la loro ripartizione è più omogenea, almeno fino ai 100mila euro e il numero dei super-ricchi oltre i 200mila euro è cinque volte quello italiano.

Le differenze non finiscono qui, perché anche gli ingredienti che compongono la base imponibile variano da Paese a Paese. Se le voci tradizionali legate al reddito (o alla pensione) sono tutte incluse, ciascuno prevede un trattamento diverso per le rendite finanziarie, a colpi di esenzioni, aliquote differenziate, ritenute d’acconto o a titolo di imposta che condizionano la composizione del reddito complessivo. L’Irpef targata Ue resta un sogno che forse non diventerà mai realtà.

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