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Ingiurie e minacce via facebook fanno scattare lo stalking

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CASSAZIONE

Ingiurie e minacce via facebook fanno scattare lo stalking

La minaccia e l’ingiuria via facebook fa scattare lo stalking, se la vittima presa di mira online entra così in ansia da modificare le sue abitudini di vita. La Corte di cassazione, con la sentenza 21407, conferma la condanna per il reato previsto dall'articolo 612-bis di un uomo che, dopo la separazione dalla moglie, aveva iniziato a seguire e a minacciare sul social network i suoceri ai quali il giudice aveva affidato i quattro figli della ex coppia.

Uno stalking “trasversale” che aveva spaventato non solo i nonni ma anche i minori al punto da limitare le uscite nel timore di incontrare il genero che si appostava davanti alla loro abitazione. Inutile il tentativo di difesa del ricorrente secondo il quale al massimo si poteva parlare di diffamazione. Contro di lui non solo c'erano i messaggio intimidatori affidati ad Internet ma anche le testimonianze, oltre che delle persone offese, anche degli assistenti sociali. Per la Cassazione queste, unite alle eloquenti frasi che comparivano nelle schermate facebook erano sufficienti a incastrarlo.

Per la Suprema corte già le dichiarazioni delle persone offese possono costituire una prova della responsabilità dell'indagato, sempre che ne venga verificata l'attendibilità. Nel caso esaminato c'erano molti riscontri per pensare che le accuse fossero credibili, ad iniziare dall'utilizzo di account intestati a soggetti di fantasia utilizzati per nascondere la propria identità alle vittime delle persecuzioni. La Suprema corte chiarisce inoltre che per l’integrazione dello stalking è irrilevante che le singole condotte siano o meno autonomamente perseguibili come reato come nel caso degli appostamenti o dei pedinamenti, basta, infatti, che questi vengano percepiti come atti persecutori idonei a crerare uno stato di ansia e di paura per la propria incolumità.

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