Norme & Tributi

Un’identità finalmente riconosciuta

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Un’identità finalmente riconosciuta

Dopo il voto di mercoledì sera nell’aula di Montecitorio, il Terzo settore si trova a fare i conti con una realtà davvero nuova, dove i princìpi sono stati ordinati e incardinati, ma diventa fondamentale riuscire a gestire e promuovere il cambiamento nella concreta operatività degli enti. Non che le diffidenze si siano di colpo dissolte: la sostanza delle disposizioni, del resto, si annida nei decreti delegati d’attuazione, che dovranno essere emanati entro un anno.

Ci sono, però, diversi punti fermi su cui il mondo non profit non ha mai potuto contare in passato e che, da soli, bastano a giustificare l’aggettivazione di portata “storica” utilizzata nei primi commenti alla nuova legge sia dai protagonisti, sia dagli interlocutori delle organizzazioni. Il fattore chiave della svolta è che il Terzo settore vede riconosciuto un proprio dna giuridico e passa da una definizione di natura “residuale” (tutto ciò che non è pubblico, né privato a scopo di profitto) a una formulazione identitaria: è il complesso degli enti privati che perseguono, senza fini di lucro, il bene comune, che comprende finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, in attuazione del principio di sussidiarietà.

La messa a punto di questa identità richiederà la revisione del primo libro, titolo secondo del Codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni private non profit, obiettivo più volte tentato, ma sempre fallito nelle passate legislature. E l’ambizione è anche maggiore: si punta, infatti, alla redazione di un Testo unico per il Terzo settore, che accomuni le disposizioni generali e definisca da un lato le modalità organizzative, dall’altro la fiscalità e da ultimo le funzioni di controllo, in nome di quella trasparenza a lungo invocata sia dai cittadini, sia dalle stesse organizzazioni. Tanto il non profit redistributivo, a cominciare dall’associazionismo di volontariato, quanto quello produttivo, a partire dall’impresa sociale, possono legittimamente festeggiare l’apertura di questa fase nuova. Ma le sfide più impegnative sono ancora all’orizzonte e se, per alcune materie, i termini della delega appaiono adeguati (il primo dei decreti d’attuazione è atteso entro qualche mese), per altre risultano fin da ora stretti. I blocchi di partenza, quanto meno, sono fissati e questo, dopo un decennio di inerzia legislativa sul Terzo settore, è un dato di per sé incoraggiante.

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