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Competitività, resta il nodo della cessione crediti

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Competitività, resta il nodo della cessione crediti

finanza per la crescita

Competitività, resta il nodo della cessione crediti

ROMA - Va verso il rinvio, a meno di sorprese sul filo di lana, il nuovo pacchetto del piano «finanza per la crescita». Dal confronto di ieri tra la struttura economica di Palazzo Chigi e i ministeri dell’Economia e dello Sviluppo sarebbe maturata l’idea di rinviare l’adozione delle misure - una ventina di articoli - dopo aver valutato la possibilità di portarle, tutte o una parte, al Consiglio dei ministri di oggi. Fuori sacco invece (ma anche su questo si avranno conferme solo questa mattina) potrebbero entrare alcune misure su Ilva ritenute urgenti in vista del 23 giugno, termine per la presentazione delle offerte vincolanti per l’acquisto dei complessi aziendali del gruppo siderurgico. Per facilitare il passaggio di consegne e il rilancio dovrebbe essere prorogato il termine per il rimborso degli 800 milioni destinati alla bonifica. Verrà modificata la norma attuale, un emendamento al decreto salva Ilva di fine 2015 , in base alla quale i finanziamenti statali dovrebbero essere «rimborsati nel medesimo esercizio finanziario in cui sono stati erogati».

Tornando al decreto competitività, fase 2 del piano Finanza per la crescita, occorrerà ancora perfezionare alcune norme. Soprattutto quella che dovrebbe andare a modificare l’articolo 10 del Tub (testo unico bancario) per facilitare la creazione di un mercato secondario dei crediti, con la liberalizzazione di acquisti effettuati anche da investitori non professionali. Appaiono invece già consolidate le misure sui Pir (piani individuali di risparmio) e le aziende sponsor di startup innovative per le quali, complessivamente, dovrebbe essere prevista una dote (in termini di minori entrate) di 200-300 milioni.

Si tratta di norme ormai perfezionate dopo una lunga istruttoria tecnica che ha visto coinvolta anche la Banca d’Italia. I risparmiatori che scelgono un investimento stabile (almeno cinque anni) in strumenti finanziari destinati alle imprese potranno beneficiare di un’esenzione fiscale sui capital gain. L’investimento potrà essere di 30mila euro annui fino a un massimo di 150mila euro in fondi di equity o in obbligazioni aziendali (compresi i minibond) emessi da società anche di grande dimensione, visto che sembrerebbe cancellata la soglia massima di 300 milioni di ricavi. Pronta è anche la norma per favorire le cosiddette “aziende-sponsor”, ovvero società quotate che investono in startup per sostenerle nelle fasi di consolidamento. Il meccanismo è quello dell’acquisto delle perdite realizzate dalle startup tramite una quota di equity (non meno del 20%) da detenere per almeno tre anni. In questi tre esercizi l’azienda-sponsor potrà scaricare fiscalmente l’intero ammontare delle perdite rilevate.

Il cantiere sarà completato con una serie di misure per attrarre ricerca, talenti e investitori. Tra queste, la concessione del visto al di fuori delle quote del decreto flussi per cittadini extracomunitari che investono in titoli di Stato, con un minimo di 2 milioni di euro; in partecipazioni di società, minimo 1 milione, e in attività filantropica, minimo 1 milione. Sulla ricerca, per venire incontro alle richieste di diverse multinazionali, si chiarirà che il credito di imposta per gli investimenti vale anche per le spese effettuate da un’«impresa residente» su commissione di un’«impresa non residente» dello stesso gruppo. Diventerà poi strutturale il bonus per il rientro dei cervelli: l’agevolazione varrà il 30% in termini di riduzione del reddito imponibile, per lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi o imprenditori che rivestono ruoli direttivi o hanno una «qualifica per la quale sia richiesta alta qualificazione o specializzazione».

Infine si studia l’esenzione dalla tassazione sui proventi per i Fia (Fondi di investimento alternativi) e le Siiq (società di investimento immobiliare quotate) che investono in immobili pubblici e delle assicurazioni.

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