Norme & Tributi

Doppia sfida sulla previdenza: credibilità e sostenibilità

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Doppia sfida sulla previdenza: credibilità e sostenibilità

Ancora molte settimane ci separano dal Consiglio dei ministri che varerà la legge di Bilancio 2017 con le nuove regole sui pensionamenti flessibili. E dunque numerosi sono ancora i dettagli che potranno essere diffusi strada facendo. Ieri abbiamo appreso che i lavoratori che vorranno accedere all’Ape potranno utilizzare anche il loro “zainetto” di previdenza integrativa per abbattere parte del prestito bancario.

Con “Rita” (acronimo di Rendita integrativa temporanea anticipata) chi ha investito in previdenza complementare potrebbe contare su un anticipo del capitale cumulato e chiedere un prestito minore e, di conseguenza, avere un minor onere da rimborsare quando la pensione sarà a regime. Sappiamo poi che sui rimborsi spalmati in vent’anni di pensione sarà assicurata una detrazione. E sappiamo pure che le misure allo studio avranno un carattere sperimentale per il primo triennio, un intervallo giudicato congruo per decidere come rendere il nuovo modello strutturale.

Il Governo, con una tecnica di comunicazione che ha una sua razionalità, sembra aver deciso di puntare molto su un percorso “step by step” sull’uscita flessibile, quasi a voler consolidare un consenso sulle misure in costruzione che sia il più diffuso possibile. Poiché si tratta di norme con una chiara impronta “creativa” rispetto ai canoni tradizionali della previdenza pubblica, questa strategia è da condividere. Soprattutto se riuscirà nel duplice risultato che deve essere centrato: la credibilità e la sostenibilità del modello finale.

“Nelle prossime settimane il confronto tecnico si allargherà a uno specifico tavolo con i sindacati”

 

Nelle prossime settimane il confronto tecnico si allargherà a uno specifico tavolo con i sindacati, ambito quest’ultimo in cui si potranno definire aspetti non secondari del nuovo “pacchetto previdenziale”: dalle semplificazioni sulle ricongiunzioni onerose a quelle sugli usuranti. Ed è immaginabile che anche da quei lavori arriveranno anticipazioni quasi fin nel dettaglio. Se al termine di questo decision making pensionistico orientato alla trasparenza si arrivasse a norme capaci non solo di superare il vaglio europeo ma, anche, di resistere all’assalto degli emendamenti parlamentari sarà un bene per tutti.

Si sa che l’impegno di spesa finora previsto non è eccessivo (escludendo per il momento ipotesi di intervento sulle pensioni minime) e si è compreso che la volontà dichiarata è quella di uscire una volta per tutte dalla lunga stagione delle salvaguardie per gli «esodati». Se la soluzione finale – “Ape” più “Rita”, per limitarci alle ultime ipotesi – si dimostrerà in grado di reggere alla prova dei fatti, allora potremmo immaginare chiuso anche il lungo percorso partito ancor prima della legge Fornero e che risale al lontano 1995, all’inconclusa riforma Dini che ci ha portati nel mondo delle pensioni a calcolo contributivo con una transizione purtroppo infinita. Da allora sei interventi di “riforma” successivi sono serviti per stabilizzare la spesa e rendere il sistema sostenibile. È indispensabile chiudere il ciclo senza far saltare l’equilibrio raggiunto.

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