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L’Economia stoppa Imu e Tasi sulle piattaforme petrolifere

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L’Economia stoppa Imu e Tasi sulle piattaforme petrolifere

ROMA - Le piattaforme petrolifere non pagano Imu e Tasi, ma non perché sono «imbullonati» e quindi devono uscire dalle rendite catastali come prevede la legge di stabilità; a garantire l’esenzione è la loro assenza dal Catasto, perché a inventariarle ci pensa l’Istituto idrografico della Marina, e di conseguenza per portarle sotto il raggio di Imu e Tasi servirebbe «l’ampliamento del presupposto impositivo dell’Imu e della Tasi».

Con questa interpretazione, fornita con la risoluzione 3/DF/2016 diffusa ieri, il dipartimento delle Finanze risponde a un quesito sul trattamento fiscale 2016 delle piattaforme, ma nei fatti offre una lettura che incide direttamente anche sui contenziosi aperti sul passato, e va in direzione opposta rispetto a quella tracciata a febbraio dalla sentenza 3618/2016: in quell’occasione, infatti, la suprema Corte ha dato ragione al Comune di Pineto che aveva chiesto all’Eni 33 milioni di Ici per gli anni 1993-1998, sanzioni e interessi per la piattaforma collocata di fronte alla costa.

In gioco c’è la sorte di 119 piattaforme (a cui nel censimento del ministero dell’Ambiente si aggiungono 8 piattaforme di supporto e altrettante strutture non operative), che potrebbero quindi produrre un gettito da 100-200 milioni all’anno, al netto degli eventuali arretrati.

Dopo la sentenza della Cassazione, Assomineraria ha bussato alle porte del ministero per chiarire che l’esonero Imu-Tasi per gli imbullonati si sarebbe ora dovuto applicare anche alle piattaforme, perché la Cassazione ne aveva stabilito l’assoggettamento all’Ici sulla base del fatto che queste strutture sarebbero state ascrivibili in Catasto nella categoria D/7, quindi all’interno della platea interessata dal nuovo bonus. Il ministero sposa la tesi per cui le piattaforme «presentano le caratteristiche di un immobile a destinazione speciale», idea che le farebbe rientrare nelle categorie D ed E e quindi nel raggio d’azione della nuova esenzione, ma fa un passo in più. L’Imu, spiega la risoluzione, per individuare gli immobili da tassare richiama direttamente le definizioni dell’Ici, in base alle quali i fabbricati sono le «unità immobiliari iscritte o che devono essere iscritte nel catasto edilizio urbano» (articolo 2 del Dlgs 504/1992). L’articolo 5 dello stesso decreto legislativo del 1992, poi, spiega che il valore degli immobili non iscritti in Catasto va attribuito in base ai parametri contabili. Dal momento che la regola del 1992 fa un «riferimento esplicito» al catasto edilizio urbano, conclude però il ministero, per applicare l’Ici alle piattaforme servirebbe un intervento normativo con un doppio obiettivo: il censimento delle strutture, e l’ampliamento del raggio d’azione dell’Imu anche a questi immobili “fuori Catasto”. Come chiarito alcune settimane fa dal governo in risposta a un’interrogazione parlamentare, gli uffici sono al lavoro per una «eventuale soluzione normativa» che chiuda la questione: alla luce della risposta fornita ieri, non sembra difficile prevedere che l’intervento, in chiave interpretativa e dunque retroattiva, potrebbe far uscire una volta per tutte le piattaforme dall’ombrello delle imposte locali.

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