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Dopo i Panama Papers, l’Ocse attacca i furbetti delle tasse

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EVASIONE FISCALE

Dopo i Panama Papers, l’Ocse attacca i furbetti delle tasse

Dopo gli scandali LuxLeaks in Lussemburgo e Panama Papers, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) sembra finalmente muoversi in modo deciso - su mandato di G20 e G7 - contro le strategie di elusione (e anzi evasione) fiscale delle multinazionali che cercano di non pagare le tasse nei Paesi dove realizzano profitti ricorrendo a diverse forme di “arbitraggio” e manovre tra diverse giurisdizioni.
E' iniziato oggi a Kyoto (caso unico: finora tutte le riunioni si tenevano a Parigi) un summit “allargato” organizzato dal Committee on Fiscal Affairs OCSE, che per la prima volta coinvolge Paesi avanzati ed emergenti o in via di sviluppo - su base paritaria - , finalizzato a costruire un “framework inclusivo” per contrastare il cosiddetto Beps (Base Erosion and Profit Shifting), ovvero gli stratagemmi utilizzati dalle imprese multinazionali per abbassare gli oneri fiscali. “Siamo qui per iniziare il nostro viaggio collettivo verso un sistema internazionale di tassazione più giusto e trasparente”, ha dichiarato il Ministro delle Finanze giapponese Taro Aso, aggiungendo che si tratta di un “meeting di significato storico” per il coinvolgimento di molti Paesi emergenti.

Un framework con 82 paesi membri
Oltre ai 46 Paesi gia' coinvolti in questi sforzi - 35 dell'Ocse, i tre Paesi in trattative per accedervi e 8 non membri - altre 36 economie hanno deciso di aderire al nuovo “inclusive framework on Beps”, tra cui nazioni storicamente “a rischio” come Singapore, Hong Kong e Uruguay. Il totale arriva dunque a 82. Altri 21 Paesi partecipanti al meeting potrebbero aderire entro sei mesi.
“Oggi lanciamo una nuova era nella tassazione internazionale”, ha dichiarato Pascal Saint-Amans, direttore del Centre for Tax Policy and Administration dell'Ocse. “Attraverso la loro partecipazione nei processi decisionali cosi' come nei gruppi di lavoro tecnici del Comitato sugli Affari Fiscali dell'Ocse, i membri dell'inclusive framework avranno ora una diretta influenza nel delineare le regole sulla tassazione internazionale per contrastare il BEPS e assicurare un un giusto contesto competitivo”.

240 miliardi di dollari in fumo.
Le perdite di gettito fiscale legate al BEPS sono stimate in via prudenziale tra i 100 e i 240 miliardi di dollari l'anno, ossia tra il 4 e il 10% dell'ammontare della tassazione globale sulle aziende.
A Kyoto, inoltre, cinque Paesi - Argentina, Cucacao, Georgia, Corea e Uruguay - hanno firmato il CbC MCAA (Multilateral Competent Authority Agreement for the automatic exchange of Country-by-Country reports), portando il totale a 44 Paesi. Si tratta dello strumento che consente scambi bilaterali e automatici di report (secondo quanto contemplato dall'art.13 del BEPS Action Plan), in modo che le autorità fiscali dei singoli Paesi firmatari possano avere adeguate informazioni (di cui assicurare la riservatezza) sulla strutturazione delle attività internazionali delle multinazionali.

Verso una blacklist
Domani saranno discussi in modo approfondito i criteri per l'eventuale messa in lista nera dei Paesi recalcitranti a collaborare nel contrasto al BEPS. Il viceministro delle Finanze nipponico Masatsugu Asakawa, Chair del Comitato, ha anticipato che i Paesi che non rispetteranno due dei tre criteri-base delineati potrebbero essere esposti a sanzioni. In sostituzione dal gennaio 2017 di Asakawa come Chair del Comitato e' stato eletto il tedesco Martin Kreienbaum, direttore generale della tassazione internazionale al ministero delle Finanze di Berlino.

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