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Pro rata all'italiana off limits

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analisi

Pro rata all'italiana off limits

Se i giudici della causa C-378/15 accoglieranno le conclusioni dell'avvocato generale , il legislatore dovrà mettere mano alla revisione della disciplina del pro rata di detrazione dell'Iva.

Attualmente, il meccanismo è disciplinato, a livello di principio, dall'articolo 19, comma 5, Dpr n. 633/1972. Tale norma prevede, per i soggetti che svolgono attività che danno luogo a operazioni con diritto alla detrazione e attività che originano operazioni esenti (senza diritto alla detrazione), che l'imposta sia detraibile in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni, ossia in base alla percentuale del pro-rata che, tecnicamente, si determina con le regole del successivo articolo 19 bis, Dpr 633/72. Secondo la prassi (circolare n. 328/E/1997), tale percentuale si applica indistintamente a tutti gli acquisti di beni/servizi, senza operare alcuna differenziazione in base alla loro destinazione all'effettuazione di operazioni imponibili o esenti. Con quest'impostazione, quindi, potrebbe risultare parzialmente indetraibile l'Iva su acquisti volti unicamente all'esecuzione di operazioni imponibili e viceversa, determinandosi un effetto distorsivo rispetto al principio generale che regola (attualmente ai sensi dell'articolo 168, direttiva n. 2006/112) la detrazione sulla base della destinazione del bene/servizio acquistato.

E proprio questo è l'aspetto di potenziale contrasto con la disciplina europea che, secondo quanto sostenuto nelle conclusioni per la Corte di giustizia, imporrebbe invece l'applicazione del pro rata unicamente per gli acquisti a utilizzo promiscuo ovverossia destinati “promiscuamente” (appunto) all'effettuazione sia di operazioni “con” sia di operazioni “senza” diritto di detrazione. In effetti, l'articolo 173, par. 1, direttiva 2006/112 (conformemente al previgente art. 17, par. 5 della sesta direttiva, applicabile ai fatti di causa) prevede l'applicazione del pro rata solo per gli acquisti “misti”, anche se è ammessa la facoltà per gli Stati membri di derogare a tale regola generale adottando uno dei criteri alternativi previsti dalle lettere da a) ad e) del par. 2 dell'articolo 173 (in precedenza, contemplati dall'articolo 17, par. 5, comma 3, sesta direttiva Iva). E proprio la deroga prevista dalla lettera d) di tale norma è invocata dalla difesa dello Stato italiano nella causa in decisione. La citata norma, infatti, stabilisce che il pro rata può applicarsi a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni, legittimando, almeno in apparenza, la scelta legislativa domestica.
Come anticipato, però, non la pensa così l'avvocato generale.

La critica opera su più piani. A livello giurisprudenziale, la Corte di giustizia (causa C-496/11) ha già affermato che il pro rata si applica solo ai beni e servizi “il cui uso è misto” e che le deroghe ammesse facoltativamente riguardano solo tali acquisti. Quanto a queste ultime, poi, trattandosi di deroghe, è evidente che la loro portata non può essere più ampia di quella della regola generale, con la conseguenza che, se la regola generale del pro rata (art. 173, par. 1, direttiva 2006/112 e, prima, art. 17, par. 5, comma 1, sesta direttiva) si applica solo agli acquisti promiscui, è solo a essi che potrà essere applicato uno dei criteri derogatori.

Del resto, se lo scopo delle deroghe è quello di pervenire a risultati più precisi nella determinazione del diritto di detrazione (causa C-183/13), ne deriva che il sistema nazionale non colpisce nel segno, dato che è senz'altro più preciso ammettere/escludere interamente il diritto di detrazione a seconda che l'acquisto sia destinato esclusivamente all'esecuzione di operazioni imponibili/esenti, piuttosto che lasciar agire una detraibilità/indetraibilità percentuale.

Né, ancora, potrà dirsi che il problema è risolvibile mediante il ricorso alla separazione delle attività imponibili dalle attività esenti (ai sensi dell'art. 36, Dpr 633/72), scelta che, essendo rimessa alla discrezionalità del contribuente, sarebbe, per ciò stesso, incompatibile con gli scopi della direttiva intesa come sistema. In definitiva, secondo le conclusioni rassegnate ai giudici, la scelta degli Stati riguarderebbe unicamente l'opzione per metodi di calcolo del pro rata alternativi rispetto al metodo conosciuto che, sebbene non individuati in concreto dalla direttiva, dovrebbero tuttavia permettere di giungere a risultati più (e non meno) precisi di quello ottenibile mediante il metodo standard

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