Il locatore deve provare che la raccomandata di disdetta del contratto di locazione sia pervenuta tempestivamente a conoscenza del conduttore, mentre spetta a quest’ultimo dimostrare che nel plico ricevuto c’era una lettera di contenuto diverso. Lo ha precisato la Corte d’appello di Napoli che, con la sentenza 1541 del 22 aprile scorso (presidente Castiglione Morelli, relatore d’Amore), ha ribadito il principio già affermato dalla Cassazione per cui spetta al conduttore dimostrare che la raccomandata era vuota o conteneva una comunicazione diversa dalla volontà di chiudere il contratto di locazione alla sua legale scadenza (si veda la sentenza 10630/2015 della Cassazione).
Il caso prende le mosse dal locatore che, sostenendo di aver inviato la disdetta del contratto di locazione per un immobile a uso diverso dall’abitazione, aveva intimato lo sfatto per finita locazione. Ma il conduttore (una società) aveva affermato che la raccomandata conteneva un’altra comunicazione. Una circostanza implicitamente ammessa dallo stesso locatore - aveva spiegato il conduttore - visto che, nei precedenti giudizi in cui era rimasto soccombente, aveva escluso la necessità della disdetta, trattandosi di un contratto a termine.
“Il proprietario deve dimostrare che la raccomandata dell’inquilino conteneva comunicazioni diverse dalla disdetta”
Inoltre, secondo la società, il mancato invio della disdetta era testimoniato anche dal fatto che, in un giudizio precedente, era già stata accolta la domanda del locatore di risolvere il contratto per morosità. Benché la decisione fosse poi stata ribaltata in appello, alla data del presunto invio della disdetta il locatore non avrebbe avuto alcun interesse a inviarla perché già munito di una sentenza che aveva disposto la risoluzione del contratto.
Nonostante le argomentazioni del conduttore e la contraddittorietà delle difese del locatore, il tribunale ha dichiarato risolto il contratto per cessata locazione alla data indicata dal locatore.
La questione è passata quindi alla corte d’appello che ha richiamato il principio dettato dalla Cassazione (sentenza 23920/2013) per cui «se la legge avesse inteso porre a carico del mittente l’onere della prova del contenuto della raccomandata avrebbe imposto la notifica dell’atto» e non il semplice invio con raccomandata. Ma, sulla base delle argomentazioni portate dal conduttore, la corte ha totalmente riformato la sentenza di primo grado.
Secondo la corte, infatti, è stato lo stesso locatore (un avvocato) a riconoscere, nelle difese svolte nei precedenti giudizi, di non aver inviato disdetta a causa della ritenuta automatica risoluzione del contratto. Peraltro, la raccomandata presuntivamente contenente la disdetta era stata inviata non alla società, ma al suo legale rappresentante: un errore non scusabile, vista la qualifica del locatore, che ha indotto la Corte a ritenere fondata la supposizione che il plico postale avesse un diverso contenuto .
© Riproduzione riservata