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Trasfusione infetta nell’intervento d’urgenza? Escluso per…

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Trasfusione infetta nell’intervento d’urgenza? Escluso per l’ospedale lo stato di necessità

Se l’operazione d’urgenza viene eseguita all’interno di un ospedale questo non può negare la sua responsabilità per aver trasfuso sangue infetto, giustificando il danno “collaterale” per aver agito in stato di necessità. La Cassazione, con la sentenza 13919 del 7 luglio scorso, accoglie il ricorso, respinto nei gradi di merito, degli eredi di un militare che, ferito dall’arma di un commilitone, era stato operato d’urgenza in una struttura ospedaliera. La vittima aveva contratto l’epatite C sfociata in una cirrosi epatica. I danni erano stati esclusi ritenendo che il personale sanitario avesse agito in stato di necessità senza avere il tempo di verificare le sacche di sangue trasfuso. Per la Cassazione la giustificazione reggerebbe soltanto se l’intervento fosse stato eseguito in una situazione di “fortuna” in cui non si potevano adottare le normali cautele ma non come avvenuto nel caso esaminato dentro un ospedale. I giudici precisano che intervenire d’urgenza per salvare la vita di una persona fa parte delle condizioni di routine dell’ospedale. Per questo la struttura deve essere organizzata in modo da poter agire in sicurezza senza provocare danni al paziente. L’urgenza deve essere programmata e i controlli, nel caso quelli sul sangue, devono avvenire a “monte” dell’intervento. L’emergenza si affronta prevedendo turni in chirurgia di tutte le qualifiche professionali coinvolte, la disponibilità delle sale operatorie basata sulla priorità degli interventi e l’approvvigionamento di risorse ematiche verificate o comunque prevedendo una disponibilità di sangue aggiuntiva o straordinaria. Per i giudici è escluso il “paravento” dello stato di necessità e dunque l’assenza di una responsabilità per il danno ingiusto subito dal paziente.

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