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Canoni delle spiagge, la Corte Ue boccia la proroga italiana

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BRUXELLES

Canoni delle spiagge, la Corte Ue boccia la proroga italiana

La Corte di Giustizia Ue boccia la proroga italiana per i canoni delle spiagge. Nella sentenza pronunciata oggi (sentenza nelle cause riunite C-458/14 Promoimpresa S.r.l./Consorzio dei comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro e a. e C-67/15 Mario Melis e a./Comune di Loiri Porto San Paolo e altri) i giudici precisano che «il diritto dell'Unione osta a che le concessioni per l'esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico in assenza di qualsiasi procedura di selezione dei potenziali candidati».

«Tale proroga - prosegue il comunicato diffuso dalla Corte - prevista dalla legge italiana impedisce di effettuare una selezione imparziale e trasparente dei candidati».

I vincoli della direttiva servizi
La direttiva servizi, argomentano gli eurogiudici, concretizza la libertà di stabilimento nonché i principii di non discriminazione e di tutela della concorrenza. Il suo articolo 12 disciplina l'ipotesi specifica in cui, tenuto conto della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato. In tale contesto, essa prevede che gli Stati membri possano subordinare un'attività di sfruttamento economico a un regime di autorizzazione.

“La proroga automatica non consente di organizzare una procedura di selezione”

Corte di Giustizia Ue 


«In Italia, la normativa nazionale ha disposto una proroga automatica e generalizzata della data di scadenza delle concessioni rilasciate, anche senza previa procedura di selezione, per lo sfruttamento turistico di beni demaniali marittimi e lacustri (spiagge in particolare). La scadenza è stata da ultimo rinviata al 31 dicembre 2020».

Ad alcuni operatori privati del settore turistico, ripeiloga il comunicato, «è stata negata da parte delle autorità italiane la proroga delle concessioni. Essi hanno quindi presentato ricorso contro tali provvedimenti di diniego. I giudici italiani aditi si sono rivolti alla Corte di giustizia per ricevere chiarimenti in merito alla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell'Unione.
Con l'odierna sentenza, la Corte sottolinea, anzitutto, che spetta al giudice nazionale verificare, ai fini dell'applicazione della direttiva, se le concessioni italiane debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse naturali».

Nel caso in cui la direttiva sia applicabile, la Corte precisa che il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacustre deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati, che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza (in particolare un'adeguata pubblicità). Orbene - conclude il comunicato - «la proroga automatica delle autorizzazioni non consente di organizzare una siffatta procedura di selezione».

«La fine di un'azienda deve essere decisa dal mercato non dai tribunali. È una sentenza inaccettabile che dimostra come l'Italia sia ostaggio della burocrazia europea». Non usa mezzi termini il presidente di Assobalneari, Fabrizio Licordari, per attaccare la decisione della Corte di Giustizia europea. «La decisione non sorprende, era annunciata. La situazione è stata mal gestita da coloro che sono preposti a difendere le imprese italiane, il governo», prosegue Licordari interpellato dall'agenzia Agi.

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