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Affitto, cosa succede in caso di morte dell’usufruttuario

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giustizia

Affitto, cosa succede in caso di morte dell’usufruttuario

All'erede dell'usufruttuario che ha concesso in locazione l'immobile si trasmettono i diritti inerenti la locazione – compreso dunque quello di richiedere la risoluzione del contratto -, qualora il «pieno proprietario» non manifesti la volontà di subentrare nella posizione dell'originario locatore. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 14834/2016, chiarendo che «il rapporto di locazione prescinde dalle vicende attinenti la titolarità dei diritti reali sul bene» per cui «la vicenda rimane centrata sui rapporti meramente personali fra locatore e conduttore, in coerenza con la sua natura personale».

“A seguito del decesso della madre, la figlia aveva intimato all'inquilino lo sfratto per morosità”

 

A seguito del decesso della madre, la figlia, attuale ricorrente in Cassazione, aveva intimato all'inquilino lo sfratto per morosità. Questi però si era difeso affermando che essendosi estinto l'usufrutto, l'attrice «non poteva vantare alcun diritto sull'immobile, mentre il rapporto di locazione doveva intendersi proseguito con l'ospedale della Pace, già titolare della nuda proprietà del bene».

Prima il tribunale di Napoli poi la Corte di appello gli hanno dato ragione affermando che il rapporto di locazione era col nudo proprietario «in capo al quale si era consolidato l'usufrutto». Secondo la ricorrente invece le questioni inerenti la proprietà dell'immobile non contano, «poiché ella è subentrata nel contratto e l'inquilino non può, avvalendosi di un'eccezione de iure tertii, contestarne la legittimazione».

Posizione condivisa dalla Suprema corte secondo cui «silente il proprietario, la morte dell'originario usufruttuario/locatore determina la trasmissione della titolarità del rapporto di locazione agli eredi, con possibilità - per essi - di esercitare i diritti e le azioni che derivano dalla locazione e senza che il conduttore possa contestarne la legittimazione per il solo fatto che sia venuto meno il diritto di usufrutto». Il contratto di locazione, infatti, ha «natura personale», con la conseguenza che chiunque abbia la legittima disponibilità di fatto del bene, «può validamente concederlo in locazione» (Cass. n. 12976/2010).

E l'inquilino chiamato in giudizio non può contestare la legittimazione allegando la mancanza del diritto reale (Cass. n. 1940/2004).
Infatti, prosegue la sentenza richiamando un precedente (17030/2015), «l'estinzione del diritto di usufrutto, pur comportando l'opponibilità al proprietario (nei limiti di cui all'art. 999 c.c.) dei contratti di locazione conclusi dall'usufruttuario, non determina - di per sé - l'effettivo subentro nel rapporto di locazione del pieno proprietario ove questi rimanga del tutto silente ed estraneo al rapporto».

Né il locatore deve dimostrare la «persistente titolarità di un diritto reale sul bene», né il conduttore può pretenderlo, «a meno che non risulti che il (pieno) proprietario abbia manifestato la volontà di fare proprio il rapporto, subentrando al locatore e privandolo della disponibilità del bene». Dunque, fintantoché il pieno proprietario non manifesti la volontà di subentrare effettivamente nella posizione dell'originario locatore, il rapporto di locazione prescinde dalle vicende attinenti la titolarità dei diritti reali sul bene.

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