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Irregolarità con il Fisco, la denuncia anonima avvia l’indagine

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CONTRIBUENTI

Irregolarità con il Fisco, la denuncia anonima avvia l’indagine

La denuncia anonima legittima l’avvio delle indagini, ma non può essere posta a fondamento di perquisizioni, sequestri e intercettazioni, né può rappresentare i gravi indizi di evasioneche consentono all’amministrazione finanziaria di richiedere all’autorità giudiziaria l’accesso al domicilio fiscale del contribuente, per sottoporlo a verifica fiscale.

È questo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, confermato anche recentemente, in sede penale, con la sentenza 34450, depositata il 4 agosto.

Non di rado gli organi investigativi e la stessa magistratura ricevono segnalazioni anonime su presunte irregolarità, sia di tipo penale, sia tributario. Talvolta tali esposti, soprattutto se abbastanza circostanziati, sono posti a base di successive attività di controllo.

In materia penale, a norma dell’articolo 333 del Codice di procedura penale, non può essere fatto alcun uso delle denunce anonime. Non costituiscono una notizia di reato e, differentemente dalle altre notizie di reato, sono iscritte in uno specifico modello della Procura della Repubblica (cosiddetto modello 46).

La Suprema Corte in più occasioni ha rilevato che la verifica della fondatezza della denuncia anonima finalizzata alla ricerca della notizia di reato può essere svolta dalla Pg o dal Pm, mediante atti non invasivi.

La recente sentenza 34450/2016 prende spunto da una denuncia anonima nei confronti di un soggetto accusato di aver pubblicato diffamazioni sui social network. Tale denuncia aveva dato il via a una serie di indagini, in conseguenza delle quali il Pm aveva disposto la perquisizione ed il sequestro probatorio di un cellulare, una pen drive e due hard disk.L’indagato proponeva appello al Tribunale del riesame, il quale tuttavia confermava la legittimità del provvedimento, sul presupposto che una denuncia anonima è volta a stimolare l’attività di indagine.

La Suprema Corte ha poi confermato la legittimità dei provvedimenti, fornendo interessanti chiarimenti. Innanzitutto una “denuncia anonima” non può essere posta a fondamento di atti tipici di indagine e quindi non consente di procedere a perquisizioni, sequestri e intercettazioni telefoniche. Si tratta, infatti, di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi della commissione di un reato. Gli elementi contenuti in queste denunce possono stimolare l’attività del Pm e della Pg, al fine di assumere dati conoscitivi diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi estremi utili per individuare un delitto.

Il decreto di sequestro probatorio era stato emesso all’esito di una perquisizione disposta dopo indagini effettuate dalla polizia giudiziaria, su delega del Pm. Tali indagini, sebbene fossero state avviate su impulso della predetta denuncia anonima, erano state sviluppate sull’analisi di numerosi altri fatti (post diffamatori), dai quali risultava legittimo il successivo sequestro probatorio.

La decisione, sebbene riferita al reato di diffamazione, appare interessante anche in ambito tributario. Non di rado, infatti, giungono all’amministrazione finanziaria denunce di possibili evasioni fiscali commesse da terzi soggetti anche costituenti reato. Dopo una sommaria valutazione, i verificatori possono decidere di approfondire le indagini. La Corte ha avallato la validità di queste denunce, ma con la precisazione che non possono giustificare perquisizioni o sequestri ma, al più, stimolare l’avvio di riscontri. Si ricorda, poi, che gli elementi contenuti nella missiva non possono in alcun modo legittimare l’accesso domiciliare a fini fiscali per il reperimento di prove dell’evasione, in quanto essi non rappresentano i gravi indizi di violazioni previsti necessariamente dalla normativa perché si possa ottenere l’autorizzazione della Procura della Repubblica a questi fini.

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