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Obbligazioni sempre legate alla diligenza, non ai risultati

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PROFESSIONISTI

Obbligazioni sempre legate alla diligenza, non ai risultati

L’obbligazione assunta dal professionista è di diligenza e non di risultato. A meno che lo stesso professionista non abbia assunto l’obbligo di raggiungere un determinato obiettivo. In questo caso il mancato conseguimento del risultato legittima il risarcimento danni.

Una sentenza della Corte di cassazione (15107/2016 - si veda Il Sole 24 Ore del 23 luglio) ha fatto luce sui limiti alla responsabilità del professionista, confermando la decisione del giudice d’appello secondo la quale il rapporto contrattuale fra committente e professionista, sulla base di una precisa individuazione di alcuni obbiettivi da raggiungere e, in particolare, quello della sospensione d’imposta, assicurata (erroneamente) dal commercialista, rendeva la sua obbligazione strumentale al conseguimento di quel risultato, nella specie non raggiunto per causa imputabile al professionista, inadempiente rispetto all’obbligo assunto per contratto che consisteva nella riorganizzazione del gruppo societario in esenzione d’imposta.

Nel caso di specie il commercialista non aveva assunto l’obbligo di riorganizzare «quale che fosse» la struttura societaria, bensì una specifica riorganizzazione che consentisse al committente di andare esente da quella tassazione poi, invece, imposta alla società per fatto e colpa del professionista. La causa concreta del contratto d’opera professionale era costituita dallo scopo di evitare la tassazione. L’oggetto del contratto era dunque evitare la tassazione, lo scopo la progettazione societaria esente da imposta.

Con questa motivazione la Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’appello che aveva condannato il professionista a risarcire il danno causato alla società in misura pari a quanto versato per oneri fiscali, oltre la restituzione dell’acconto all’atto del conferimento del mandato.

Con questa sentenza la Cassazione non ha stabilito in linea di principio che l’assistenza professionale assunta dal commercialista sia un’obbligazione di risultato ma che il commercialista, senza esservi tenuto, ha assunto l’obbligo di garantire la neutralità fiscale e pertanto si è esposto al risarcimento del danno. «Erroneamente» dice la Cassazione con un inciso che spiega tutta la decisione. Il commercialista non è tenuto a garantire la neutralità fiscale con la sua assistenza: se lo fa «erroneamente» è tenuto al risarcimento del danno nei confronti del cliente, ove la neutralità non venga raggiunta.

La sentenza, oltre che giusta, ha un valore pedagogico per tutti quei professionisti che eccedono i limiti professionali e assumono un obbligo al quale non sono tenuti. Il professionista deve assicurare al cliente la buona e corretta impostazione della questione che gli viene assegnata, come l’avvocato è tenuto alla buona difesa e non a vincere la causa e il medico è tenuto alla buona cura e non alla guarigione. In conclusione l’obbligazione del commercialista è un’obbligazione di diligenza ma se lui (incautamente e scorrettamente) pattuisce l’intassabilità deve risarcire il danno causato (se non esistono altre sanzioni poste a tutela della deontologia professionale).

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