Il Tribunale di Cagliari ha definitivamente sentenziato che nessuna norma condominiale può vietare di detenere animali domestici in condominio, indipendentemente dalle previsioni contrattuali dell’edificio in cui il proprietario dell’animale domestico risiede.
Per Ilaria Innocenti, responsabile Lav Area Animali Familiari, che ha segnalato questa pronuncia si tratta di una decisione «resa possibile dalla legge di riforma del condominio, fortemente voluta dalla Lav che nel 2008 aveva presentato una proposta di legge per la modifica del Codice civile di cui la citata riforma è un positivo risultato».
In particolare, il giudice ha chiarito per la prima volta in modo esplicito che anche il regolamento di natura contrattuale, ossia quello deliberato all’unanimità o predisposto dal costruttore dello stabile condominiale ed allegato ai singoli atti di compravendita, è affetto da nullità sopravvenuta sia in relazione alla legge di riforma del condominio che ha introdotto l’articolo 1138, ultimo comma, del Codice civile, sia in quanto contraria ai principi di «ordine pubblico».
Quindi, sia i regolamenti contrattuali che si sono formati prima della legge 220/2012 che quelli redatti successivamente alla sua entrata in vigore sono nulli nella parte in cui prevedono il divieto di detenere animali domestici in condominio.
Il ragionamento del giudice è chiaro. L’articolo 1138 ultimo comma del Codice civile prevede che il regolamento non possa vietare di possedere animali domestici, senza specificare di quale regolamento si sta parlando; quindi non è legittimo ridurre autonomamente la portata di questo precetto al solo regolamento assembleare. Inoltre l’articolo 155 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile dispone che «cessano di avere effetto le disposizioni del regolamento di condominio che siano richiamate nell’ultimo comma dell’articolo 1138 del Codice», sancendo definitivamente la correttezza della tesi della nullità del regolamento contrario al divieto.
Il giudice poi, così come più volte dichiarato anche dalla Lav, ha richiamato la legislazione italiana ed europea che hanno sancito quei principi di «ordine pubblico» già operanti nel diritto vivente, frutto della evoluzione e della rinnovata considerazione del rapporto uomo-animale assurto a espressione dei più generali diritti inviolabili di cui all’articolo2 della Costituzione.
Parliamo, in ordine cronologico, della legge 281/1991, che prevede la condanna agli atti di crudeltà, maltrattamento e abbandono di animali, seguita dalla legge 189/2004 che ha introdotto i nuovi delitti di animalicidio e maltrattamento di animali e dal nuovo Codice della Strada che ha disposto l’obbligo di fermarsi a soccorrere l’animale ferito in caso di incidente.
A livello europeo la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, firmata a Strasburgo il 13 novembre 1987 e ratificata in Italia con la legge 201/2010 ha sancito l’importanza degli animali da compagnia ed il loro valore per la società proprio per il contributo da essi fornito alla qualità della nostra vita.
«La grandezza di una nazione ed il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui essa tratta gli animali» (Mahatma Gandhi). Ormai questo pensiero trova condivisione non solo negli uomini ma anche nella giurisprudenza.
© Riproduzione riservata