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Manovra a caccia di risorse, la partita della flessibilità Ue vale…

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L'Analisi|l’analisi

Manovra a caccia di risorse, la partita della flessibilità Ue vale 8-10 miliardi

L’asticella per quel che riguarda il deficit del 2017 sarà fissata a fine mese, con la Nota di aggiornamento del Def, ed è strettamente connessa alla variabile flessibilità, vale a dire quanto sarà possibile spuntare in sede di trattativa con Bruxelles. In attesa che venga definita l’entità del nuovo “sconto” europeo, comunque da collegare a riforme e investimenti effettivamente realizzati, tra palazzo Chigi e il ministero dell'Economia si ragiona sull’obiettivo di deficit all’1,8% stimato ad aprile e confermato in maggio quando la Commissione Ue accordò flessibilità per circa 14 miliardi.

L’aspettativa è che alla fine il confronto con la Commissione Ue consenta di chiudere a quota 2,3%, dunque lo 0,5% in più, pari a oltre 8 miliardi di maggior deficit che salirebbero a 9,6-10 miliardi qualora si arrivasse al 2,4%, lo stesso risultato atteso quest’anno. Due sere fa, nel corso di “Porta a porta”, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi ha confermato che con la prossima legge di bilancio il deficit si attesterà comunque al di sotto del 3% in rapporto al Pil. L’obiettivo è appunto il 2,3-2,4%, ma dipenderà – conferma il premier - dall’esito del confronto con la Commissione europea.

Il quadro macroeconomico che sarà ridefinito a breve partirà dalla revisione al ribasso delle stime di crescita: non più 1,2% per il 2016 e l’1,4% per il 2017. Si va verso lo 0,9% quest’anno e 1,1-1,2% nel 2017, ma è sempre più concreta la possibilità (alla luce degli ultimi dati Istat) che a fine anno non si superi quota 0,8%, lo stesso livello del 2015. Il debito pubblico non comincerà a ridursi in rapporto al Pil, come indicato dal Def di aprile (dal 132,7 al 132,4%). Se ne riparlerà nel 2017, con un nuovo target certamente più elevato del 130,9% previsto in primavera, ma comunque in leggera riduzione rispetto al risultato atteso quest’anno.

Possibili limature anche per l’avanzo primario (il saldo di bilancio al netto della spesa per interessi), ora fissato all’1,7% nel 2016 e al 2% nel 2012. Cifre tutte da verificare e ricalibrare alla luce dei più aggiornati dati sul fronte dell’economia disponibili al prossimo 27 settembre, quando il Consiglio dei ministri approverà il nuovo quadro macroeconomico. A quel punto sarà possibile definire anche l’entità della manovra 2017, tenendo conto delle misure concrete che il governo riterrà di inserirvi. Andrà ricontrattato con Bruxelles il livello del deficit strutturale (al netto delle variazioni del ciclo economico e delle una tantum), e di conseguenza il percorso di avvicinamento al pareggio previsto al momento nel 2019.

Occorre tener conto che nell’anno in corso si registra un peggioramento di 0,7 punti del saldo strutturale, mentre per il 2017 è previsto un miglioramento dello 0,1 per cento. Variabili fissate però con tassi di crescita ora fuori portata. La flessibilità concessa nel 2016 è pari al massimo previsto dalle attuali regole: lo 0,75% del Pil, cui si è giunti peraltro anche sulla base dell'impegno (che ora andrà rivisto) a ridurre il deficit strutturale nel 2017 dello 0,5% (Bruxelles chiede almeno lo 0,6%).

Una volta definito il nuovo quadro delle variabili macroeconomiche, fissato il target per il deficit nominale e per il saldo strutturale (in attesa che vengano ridefiniti a Bruxelles i criteri di calcolo del prodotto potenziale, il cosiddetto output gap), si potrà stabilire l’entità delle risorse effettivamente disponibili per finanziare gli interventi in cantiere: dall’aumento delle pensioni minime all’anticipo pensionistico, dalle risorse per i contratti pubblici all’intervento sulle partite Iva, tanto per citare alcune delle ultimissime priorità indicate dal premier. Se si considera che una parte del maggior deficit servirà a evitare l’aumento di Iva e accise dal 2017 (oltre 15 miliardi per effetto della clausola di salvaguardia tuttora pendente sui conti pubblici), occorrerà prevedere adeguate coperture attraverso contestuali tagli alla spesa corrente.

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