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La neutralità della Rete? C’è ancora strada da fare

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La neutralità della Rete? C’è ancora strada da fare

Il 30 agosto scorso sono state pubblicate dal Berec, l’organismo che riunisce i 28 regolatori nazionali delle comunicazioni elettroniche, linee guida che le singole autorità nazionali dovranno seguire per adeguarsi al nuovo Regolamento europeo in materia. Uno dei punti più scottanti riguarda la neutralità della rete.

Non è forse un caso che l’articolo 3 della tanto acclamata (e contestata) Dichiarazione dei diritti e doveri in Internet, voluta dalla Presidente della Camera Laura Boldrini, tuteli proprio il principio della neutralità della rete. In base a quest’ultimo ognuno ha diritto che i dati trasmessi e ricevuti in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione, tra l’altro, al mittente, al ricevente, al tipo o al contenuto dei dati. Questo principio pare proprio, infatti, la proiezione 2.0 di un più noto articolo 3, quello della Costituzione che consacra i principi, ben radicati e inviolabili, di uguaglianza e di non discriminazione.

Nonostante ciò, la net neutrality sembra, a differenza del suo più riverito “omologo”, tutt’altro che una conquista già ottenuta e ormai infrangibile. Lo dimostra il dibattito rovente, a suon di proposte, controproposte, emendamenti e veti che ha caratterizzato il procedimento di adozione, lo scorso novembre, del Regolamento europeo in materia che, per la prima volta, si impegna appunto anche a realizzare «l’accesso ad un internet aperto».

In realtà, rispetto agli ambiziosi intenti, il testo della normativa si è rivelato piuttosto deludente. E questo proprio perché la disciplina non sembra garantire quel livello di neutralità del web auspicato e ritenuto necessario a evitare discriminazioni. In particolare, l’articolato ha cristallizzato quello che, secondo molti, è una sorta di compromesso al ribasso tra le varie lobbies della digital economy e delle telco coinvolte.

Tanto per fare un esempio: uno dei punti più controversi e a cui si oppongono i paladini della net neutrality è la possibilità per i fornitori di contenuti e gli Internet service providers di concludere quelli che sono in gergo chiamati “accordi di prioritarizzazione” del traffico. Si tratta di accordi con cui vengono create vere e proprie corsie preferenziali per raggiungere gli utenti finali, di cui possano quindi avvantaggiarsi alcuni operatori e non altri.

Questa, dal punto di vista delle compagnie telefoniche, è una eccellente opportunità commerciale. Se fosse consentito far pagare i produttori di contenuti per una maggiore velocità di comparsa on-line, e dunque in sostanza una migliore visibilità, ciò si risolverebbe in una fonte di guadagno. Con ogni probabilità, però, si produrrebbe anche una discriminazione: rete veloce per chi se lo può permettere, lenta per tutti gli altri.

Se il co-legislatore europeo (specie il Consiglio dei ministri a dire il vero) si è dimostrato forse poco coraggioso nell’esigere alti standard di protezione della net neutrality, in soccorso ad essa è giunto, appunto, il Berec. E lo ha fatto in due mosse.

La prima: linee guida che interpretano in modo favorevole per gli utenti le disposizioni proprio sulla net neutrality previste dal Regolamento, riducendo molto i rischi di trattamento differenziato.

Le seconda: una consultazione sul testo di tali linee guida, con il metodo bottom-up, ovvero il più possibile aperto ed inclusivo nei confronti di chiunque volesse dire la propria.

Non si è trattato di un buco nell’acqua. Sono arrivate quasi 500 mila risposte da addetti ai lavori, ma anche da attivisti dei diritti digitali e comuni cittadini. Un apporto, quest'ultimo, cruciale, in quanto è servito a ridurre ulteriormente, rispetto al testo originario delle linee guida, le possibilità di prioritarizzazione del traffico e le ipotesi di zero rating.

Quest’ultimo sembra essere l’oggetto del desiderio di molti operatori di telefonia perché consente di fidelizzare e ampliare gli utenti, previo accordo con gli isp, consentendo accesso illimitato a determinate applicazioni e siti web come parte dell’abbonamento.

Ora sta alle autorità nazionali implementare, guardando alle peculiarità domestiche, i principi delle linee guida. E può forse azzardarsi un suggerimento per la nostra Agcom: in questa opera i parametri – stelle comete – da seguire potrebbero essere proprio i due articoli 3 da cui queste brevi riflessioni hanno preso le mosse.

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