Norme & Tributi

L’Inpgi illustra gli aspetti principali della riforma

  • Abbonati
  • Accedi
giornalisti

L’Inpgi illustra gli aspetti principali della riforma

L’incremento dei requisiti anagrafici e contributivi per accedere alla pensione previsto dalla riforma varata dall’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) penalizzerà soprattutto le donne. La considerazione emerge mettendo a confronto le regole attuali con quelle approvate mercoledì scorso dal consiglio di amministrazione dell’ente e illustrate in una nota tecnica .

Per far fronte agli effetti della crisi del settore, la riforma, sul fronte previdenziale, prevede un minimo di 66 anni e 7 mesi di età e 20 di contributi per accedere alla pensione di vecchiaia a partire dal 2019. Rispetto a ora si tratta di un anno e sette mesi in più per gli uomini e ben quattro anni e sette mesi per le donne. Per queste ultime era già previsto, dalle regole attualmente in vigore, una crescita fino a raggiungere i 65 anni nel 2021. L’accelerazione comporta un incremento di 2 anni nel 2017 e di 2 anni e 7 mesi nei due anni seguenti.

La pensione anticipata oggi si raggiunge con 35 anni di contributi e 62 di età, oppure con 40 di contributi a prescindere dall’età. Con la riforma a regime, nel 2019, saranno necessari sia 40 anni di contributi che 62 di età.

Una riforma severa

In entrambi i casi, poi, sparirà la possibilità, oggi prevista, di anticipare i minimi a fronte di un abbattimento della pensione. Possibilità che resta, temporaneamente, per i giornalisti che potranno beneficiare delle clausole di salvaguardia, cioè coloro che maturano i requisiti entro quest’anno ma poi decideranno di smettere di lavorare successivamente alla prima scadenza utile.

Sempre sul fronte previdenziale è previsto un contributo di solidarietà per tre anni alle pensioni già in pagamento di importo lordo pari almeno a 38.000 euro. Il prelievo è articolato per scaglioni (non riportati nella nota) crescenti: 1, 2, 5, 10, 15, 20% in base al’importo della pensione.

Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, invece, non saranno più riconosciuti i contributi figurativi dopo i primi dodici mesi di sussidio, mentre il trattamento di disoccupazione diventa a scalare, in modo analogo alla Naspi prevista per la generalità dei lavoratori del settore privato: l’importo pieno viene pagato nei primi sei mesi, per poi calare del 5% ogni mese fino a dimezzarsi. Tale valore viene mantenuto fino al termine dei due anni. Anche in questo caso è prevista l’estensione temporanea delle norme attualmente in vigore in determinate situazioni.

© Riproduzione riservata