Norme & Tributi

Iri, da chiarire il vincolo per la contabilità ordinaria

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analisi

Iri, da chiarire il vincolo per la contabilità ordinaria

Meglio tardi che mai, potremmo dire. La normativa per la tassazione separata del reddito delle imprese individuali e delle società di persone era già prevista dalla legge 133 del 1999, oltre che dalla legge delega del 2014. Il provvedimento che arriva a disciplinare questa materia, e che sarà inserito nella legge di bilancio per il 2017, si articola su due fronti distinti:

•l'istituzione dell'imposta sul reddito di impresa – in sigla Iri – che diventerà un regime naturale per tutti gli imprenditori individuali e le società di persone in contabilità ordinaria, ad aliquota proporzionale pari a quella dell'Ires, quindi al 24% dal 2017;

•il passaggio al criterio di cassa per le imprese individuali e le società di persone con ricavi sino alle attuali soglie di 400.000 euro (servizi) e 700.000 euro (altre attività), che non optino per la contabilità ordinaria.

L'Iri richiede necessariamente la tenuta di una contabilità in partita doppia, in quanto da un lato la base imponibile viene determinata per competenza economica e dall'altro occorre una accurata rilevazione del patrimonio netto dell'azienda, ai fini di:
•imputare al titolare o ai soci il reddito prelevato, che costituisce componente negativo ai fini Iri e reddito a tassazione progressiva per chi lo riceve;
•attribuire le agevolazioni Ace (di cui è ipotizzata la riduzione dell'aliquota percentuale dall'attuale 4,75%) sull'incremento del patrimonio netto.
Sarà ovviamente necessario disporre del testo definitivo del provvedimento, in quanto il documento attuale presenta alcune – sia pur limitate – contraddizioni, come quella relativa all'opzione per la contabilità ordinaria, che viene talora richiamata con vincolo triennale, piuttosto che quinquennale e talaltra come opzione irrevocabile.

I principi ispiratori di questa innovazione sono sicuramente condivisibili. La tassazione proporzionale ad aliquota 24% è uno stimolo alla ritenzione degli utili nell'impresa, in quanto l'imposizione personale arriva al 43%: il differenziale di aliquota è una forma di autofinanziamento, che viene ulteriormente agevolato con l'attribuzione della variazione in diminuzione nota come Ace.

A questo proposito, come evidenzia la relazione al provvedimento, la nuova regola Ace è peggiorativa rispetto a quella attuale, secondo cui i soggetti Irpef beneficiano del calcolo Ace sull'intero patrimonio netto e non su quello incrementale dal 2010. Ma questa non è la conseguenza della norma, in quanto il comma 7 dell'articolo 1 del Dl 201/2011 dispone che il beneficio Ace si applica anche al reddito d'impresa di persone fisiche, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, con le modalità stabilite con un decreto del ministro dell'Economia in modo da assicurare un beneficio conforme a quello garantito ai soggetti Ires. L'estensione dell'Ace all'intero patrimonio netto dei soggetti Irpef non discende pertanto dalla legge, ma dalla modalità attuativa (Dm 14 marzo 2012), che forse sarebbe il caso di rivedere, per non creare una discriminazione negativa nei confronti di chi applicherà l'Iri.

Anche il criterio di cassa era stato oggetto di vecchie ipotesi normative, mai attuate. L'aspetto che ci sembra sia stato sottovalutato nel nuovo provvedimento riguarda la non remota possibilità che il contribuente chiuda l'anno in perdita, non perché le cose sono andate male – nel qual caso può andar bene l'attuale comma 1 dell'articolo 8 del Tuir, relativo alla compensazione nello stesso anno con altri redditi, sperando che ne esistano – ma per effetto della sfasatura tra cassa e competenza.

Non si tratta certo di ipotesi irrealistiche: se il soggetto in contabilità semplificata paga a fine anno merce destinata a essere venduta nell'anno successivo in misura superiore alle rimanenze iniziali, chiuderà in perdita fiscale con il rischio di avere un reddito elevato se l'anno dopo non ricostituisce il magazzino in modo adeguato. Come disposto per le imprese in contabilità ordinaria con l'Iri, occorre che anche i soggetti in semplificata possano – eventualmente per opzione – riportare senza limiti o condizioni le perdite sul reddito di impresa dell'anno successivo.

Un'ultima osservazione riguarda i lavoratori autonomi, che erano pure destinatari dell'Iri nel primo schema della legge delega del 2014: la distinzione formale discende dal fatto che per l'impresa la ritenzione di utili serve a capitalizzarla, mentre il professionista viene visto come un soggetto il cui capitale risiede unicamente nelle sua capacità. Ma così è anche in non poche attività di impresa, e pertanto questa discriminazione è in odore di illegittimità costituzionale.

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