
Tutto ha un prezzo. Ma soprattutto su questo prezzo le tasse vanno pagate. Ispirandosi a questo aureo principio, e ignorando gli illustri precedenti di Babilonia e, più recentemente e giuridicamente documentabile, di Mnesarete (meglio nota come Frine), la Cassazione (sentenza 22413/2016, depositata oggi) ha voluto addentrarsi nel prosaico terreno del fisco per inquadrare una professione illustre nell’ambito dei parametri del dare e avere tributari. Del resto Caligola aveva istituito una tassa sulla prostituzione che arrivava al 20% del guadagno stabilito e in molti Paesi europei (come Germania e Svizzera) la politica della “tassa piatta” è seguita tuttora.
Nell’ottica del sinallagma, del resto, va inquadrato il rapporto tra étera e cliente pagante, e il compenso per la prestazione va quindi tassato nell'ambito dei «redditi diversi» (categoria omnicomprensiva per definizione), assimilabili, per la Suprema Corte, al «lavoro autonomo». In effetti, in virtù della legge Merlin, difficilmente questa particolare attività potrebbe venire remunerata come lavoro dipendente o reddito d’impresa. Anche l’Irap dovrebbe essere, per definizione, esclusa.
Ma il problema non è tanto quello dell’applicazione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (aggettivo quanto mai appropriato), che la Cassazione ha affermato senza mezzi termini, quanto l’«abitualità» dell’attività di meretricio, che fa scattare un’imposta altrettanto fondamentale per l’Erario: l’Imposta sul valore aggiunto, anch’essa esplicitamente richiamata dalla Corte.
Si dovrebbe avviare un’importante riflessione su come quantificare il valore aggiunto e su come, cioè, sia realisticamente ed economicamente quantificabile l’elaborazione intellettuale e fisica necessaria alla prestazione ma, sinora, non son sorte contestazioni in merito. Certo è che, stando alla sentenza 22413/2016, le lucciole dovrebbero emettere regolare fattura o almeno lo scontrino fiscale, trattandosi, in fondo, di pubblico esercizio. Ma, anche considerando l’oggettiva difficoltà logistica nell’emissione dello scontrino fiscale (risolvibile forse inserendo un registratore di cassa di ridotte dimensioni in speciali marsupi o trascinando sui marciapiedi appositi carrellini), l’intervento dell’agenzia delle Entrate (che del resto aveva sollevato la questione con un accertamento fiscale nei confronti di una cittadina romana) si rende a questo punto indispensabile. Una volta incassata l’Irpef arretrata, infatti, l’Agenzia dovrà chiarire anche come deve comportarsi il cliente: potendo esigere fattura, e dimostrando l’inerenza (quia non?) della spesa, potrebbe infatti detrarla, e anche considerarla ai fini della formazione del suo reddito. Insomma, un nuovo fronte di riflessione si apre ma il fisco saprà certamente dare le risposte giuste.
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