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La voluntary-bis richiede un'apertura sull'autocertificazione

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Accertamento e contenzioso

La voluntary-bis richiede un'apertura sull'autocertificazione


Il successo della voluntary disclosure «2.0» dipende in larga misura dal suo appeal quanto all'emersione del contante, a tale riguardo dovendosi tuttavia fare i conti con una serie di dubbi legati al coordinamento della nuova procedura di regolarizzazione relativa, appunto, alle disponibilità liquide ed ai valori al portatore con i precedenti chiarimenti in materia dell'Agenzia delle entrate.
Prendendo le mosse, dunque, da una delle novità più significative della voluntary disclosure 2.0, il testo del Dl 193/2016 (emendato in sede di conversione nella legge 225/2016) prevede una presunzione relativa di imponibilità integrale in base alla quale si ritiene, salvo prova contraria, che contanti e valori al portatore derivino da redditi conseguiti, in quote costanti, da condotte di evasione fiscale commesse, e quindi da tassare, nel 2015 e nei quattro periodi d'imposta precedenti.
Con tale presunzione si tenta di superare l'impedimento che fino ad oggi ha ostacolato l'emersione di somme ovunque detenute - ossia la non facile dimostrazione da parte del contribuente dell'origine, anche temporale, e della eventuale natura non reddituale delle medesime disponibilità – ed il tentativo deve essere valutato alla luce di due diversi chiarimenti dell'agenzia delle Entrate forniti nel corso del 2015 (circolari 27/E e 31/E).
Secondo il primo dei citati chiarimenti i valori detenuti in Italia che non sono oggetto di evasione fiscale in periodi d'imposta ancora aperti e che non erano detenuti all'estero in violazione degli obblighi dichiarativi, non possono essere fatti emergere in quanto non ci sarebbe nulla da regolarizzare; in base al secondo chiarimento la prova dell'origine del contante, sia estero che nazionale, non può essere fornita tramite autocertificazione e ciò nell'impossibilità di effettuare un efficace riscontro di quanto dichiarato.
Si pone quindi il dubbio se sia consentito fare emergere anche disponibilità domestiche relative a redditi evasi in anni non più accertabili, sul presupposto che nella nuova procedura, nonostante la suddetta tassazione presuntiva, devono comunque essere attestate al professionista le modalità e circostanze di acquisizione del contante. In altre parole, se nella voluntary «1.0» l'autocertificazione non veniva considerata come fonte attendibile di prova, oggi potrebbe non rappresentare una causa ostativa per la regolazione “a pagamento” di somme per cui sono scaduti i termini di accertamento.
Occorre inoltre chiedersi, e forse questo è l'aspetto più delicato, se l'autocertificazione, penalmente sanzionata ove non veritiera, possa invece finalmente ottenere il rango di «prova attendibile» per dimostrare l'origine e la natura delle somme sia estere che nazionali (altrimenti che senso avrebbe averla introdotta), salvi naturalmente i riscontri successivi da parte dell'agenzia delle Entrate: in caso di risposta affermativa, perché non consentire, attraverso una modifica legislativa della procedura in oggetto, anche la mera emersione (senza imposte e sanzioni dovute stante l'avvenuta prova dell'origine del contante in anni «non accertabili») delle disponibilità detenute in Italia e relative ad anni chiusi, ad eccezione di quelle che siano riferibili a reati non coperti dalla procedura in oggetto.
Questo sì che rappresenterebbe quella spinta propulsiva ad oggi mancante per l'emersione dei miliardi di euro nascosti in cassette di sicurezza o “sotto il materasso” così come lo è stata per la prima edizione della voluntary la richiesta di regolarizzazione proveniente dagli intermediari finanziari esteri e lo scambio di informazioni tra Stati.
Per porre fine definitivamente all'era delle regolarizzazioni e stimolare l'economia reale perché non consentire, oltre la regolarizzazione di ciò che va regolarizzato, anche l'emersione di ciò che non può più essere oggetto di accertamento fiscale e che ad oggi risulta non facilmente utilizzabile nell'ambito del circuito economico “regolare”.

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