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Comunicazioni Iva, il sacrificio richiesto agli studi non può essere…

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Fisco & Contabilità

Comunicazioni Iva, il sacrificio richiesto agli studi non può essere vanificato

L'introduzione delle comunicazioni Iva trimestrali e della trasmissione dei dati delle liquidazione periodiche è certamente una delle novità più rilevanti del decreto fiscale di recente emanazione. Dal punto di vista dell'agenzia delle Entrate questa novità rappresenta certamente di un salto di qualità di notevole portata, che, a due anni di distanza, completa la logica del “cambiamento di verso” introdotto con la legge di stabilità per il 2015. Si tratta, in sintesi, di passare da un approccio repressivo- in cui il rapporto tra amministrazione e contribuente sorge solo dopo la dichiarazione e quasi esclusivamente per sottoporre il contribuente ad un controllo- ad uno preventivo, in cui l'amministrazione condivide dei dati con il contribuente prima ancora che la dichiarazione (in questo caso, la dichiarazione Iva) venga presentata, per “spingerlo gentilmente” ad accorgersi dei propri errori e delle proprie omissioni, correggendole senza incorrere in sanzioni.

Tuttavia, questo dialogo tra l'amministrazione e il contribuente viene costruito in una certa misura a spese del contribuente stesso e degli intermediari fiscali, chiamati ad adempimenti più frequenti (le comunicazioni Iva trimestrali sostituiscono l'invio dello spesometro annuale) o del tutto nuovi (l'invio dei dati contabili riepilogativi delle operazioni di liquidazione periodica dell'imposta).

Per quanto il legislatore abbia previsto un credito d'imposta una tantum per l'adeguamento dei sistemi informativi, è indubbio che questi oneri aggiuntivi ci saranno, anche se la loro incidenza dipenderà dalla dimensione e dall'articolazione organizzativa dei contribuenti. Nell'equilibrio dei costi e dei benefici la misura ha comunque le potenzialità per realizzare un saldo positivo a due condizioni.

La prima è che dei dati derivanti da queste comunicazioni venga fatto un uso tanto massiccio quanto intelligente. Ciò implica che, scontato un primo periodo di adattamento, l'amministrazione finanziaria elabori degli schemi interpretativi delle anomalie che l'incrocio dei dati inevitabilmente genererà. Una buona parte di queste incongruenze, infatti, dipenderanno da situazioni del tutto fisiologiche, legate alle complessità stessa dell'Iva e alla molteplicità di circostanze soggettive che si possono presentare. Sarebbe limitativo, e in ultima analisi del tutto inefficace, che l'amministrazione si limitasse a riversare sul contribuente un burocratico elenco di tutti i dati in suo possesso (ad esempio: di tutte le fatture di acquisto registrate dai suoi clienti) senza tentare una scrematura e senza offrire al contribuente una guida sul da farsi, nonché una risposta alle osservazioni e alle richieste di chiarimento. Questa gestione intelligente e attiva dei dati, con il necessario coinvolgimento delle strutture territoriali dell'agenzia delle Entrate, è una condizione necessaria per evitare che l'operazione si riveli un boomerang, minando la credibilità dell'amministrazione finanziaria nel suo insieme.
La seconda condizione riguarda la necessità che gli esiti delle comunicazioni Iva siano utilizzati per realizzare quella logica premiale che sta alla base dell'annunciata riforma degli studi di settore, con l'introduzione degli indicatori di affidabilità in luogo della sola analisi della congruità. Le due riforme devono infatti procedere insieme, prevedendo non solo che gli esiti degli incroci siano utilizzati per costruire gli indicatori di affidabilità o di anomalia, ma anche, quantomeno per taluni studi, che questi esiti, in quanto certi e riferibili al singolo contribuente, determinino da soli le condizioni di accesso alla premialità.

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