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L'appropriazione di denaro pubblico, non è mai consentita

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L'appropriazione di denaro pubblico, non è mai consentita

L'appropriazione di denaro pubblico non è consentita neppure per soddisfare un diritto di credito dell'agente nei confronti della Pa perché tale condotta, pur non aggredendo il patrimonio di questa, è comunque lesiva dell'ulteriore interesse tutelato dall'articolo 314 del Codice penale, che si identifica nella legalità, imparzialità e buon andamento del suo operato.

Lo ha sancito la Cassazione, con la sentenza 53974, depositata ieri, 20 dicembre. Il caso vede come protagonista l'amministratore unico di una società in house del comune di Avellino, accusato di corruzione, per aver affidato e prorogato, al di fuori di ogni procedura di gara, contratti di forniture di manodopera per lo svolgimento di servizi comunali a due cooperative. Nell'ambito di questo rapporto, l'imputato avrebbe omesso di rilevare le infrazioni e le irregolarità contrattuali di queste cooperative, in cambio di “favori” quali l'indicazione di nominativi di persone, a lui legate da rapporti sentimentali o familiari, da avviare al lavoro.

Sulla testa dell'amministratore pende anche, da parte del Tribunale del riesame di Napoli, l'accusa di peculato, per essersi appropriato indebitamente di una serie di beni, in virtù del suo ruolo: autovetture aziendali (ripetutamente, anche per più giorni consecutivi e imputando all'ente da lui gestito le spese per carburante e multe); un televisore aziendale; tre biciclette aziendali a pedalata assistita; apparecchi Telepass in dotazione ad autovetture dell'azienda; il prelievo di importi di denaro dai conti correnti aziendali, per fini privati.

Secondo un consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, costituisce peculato il reiterato uso di un bene per finalità attinenti alla vita privata e questo accade - ricorda la Cassazione – quando il bene di proprietà pubblica è gestito con criteri personalistici, per un periodo prolungato e al di fuori di ogni controllo, fino al punto che non è più possibile stabilire se, e in che misura, la cosa rimanga ancora destinata a finalità pubblicistiche.

Una condotta ben diversa dal peculato d'uso, che si verifica in situazioni contingenti e occasionali, quando cioè “il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita”.

Nessun dubbio, dunque, da parte della Cassazione, sulla fondatezza delle motivazioni enunciate dal Tribunale del riesame di Napoli: il ricorso dell'amministratore è dunque rigettato.

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