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Fondi europei, dall’Italia frodi per 356 milioni di euro

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Edilizia e Ambiente

Fondi europei, dall’Italia frodi per 356 milioni di euro

(Olycom)
(Olycom)

Le truffe in agricoltura e quelle sulla pesca, gli appalti fuori ordinanza e i fondi per l’innovazione che però non c’era. Tutto con un unico comun denominatore: denari illegittimamente incassati o che anche s’è solo tentato di distrarre all’Unione europea. Illegittimamente. Frodi, irregolarità, anche piccoli-grandi “errori” di valutazione: l’Italia nella Ue non fa esattamente bella figura. Anzi, le stime più aggiornate appena elaborate dalla Corte dei conti ci restituiscono una pagella del nostro Paese che non ne fa esattamente il primo della classe in Europa. Le cifre infatti sono amare per la nostra immagine: nei conti del 2015 tra irregolarità e frodi segnalate o accertate pendono la bellezza di 356 milioni, con le Regioni a quota 199 milioni che fanno la parte del leone. Il Sud che pesa per ben 174 milioni e la Sicilia che da sola colleziona ben 167,8 milioni. La regina dei raggiri. Che si conferma essere tale anche nei primi otto mesi del 2016 con 50,2 milioni su 94,2 contestati alle amministrazioni regionali e poco meno di un terzo dei 162 milioni che riguardano l’Italia nel suo complesso con tutte le amministrazioni centrali.

«Il contrasto a irregolarità e frodi a danno del bilancio Ue deve diventare una priorità avviando un’efficace azione di recupero delle somme perdute, per garantire che tali risorse siano dedicate ai principali obiettivi posti dall’Unione, quali lo sviluppo del territorio e la creazione di posti di lavoro»: ha il senso dell’urgenza e della necessità, anzi dell’obbligo, di non sprecare tempo, tanto più in una congiuntura economica così complicata, il messaggio che la magistratura contabile invia al Parlamento nella «Relazione annuale 2016» inviata a fine anno al Parlamento - e licenziata a metà dicembre dalla speciale sezione di controllo sugli Affari comunitari e internazionali - sui rapporti finanziari con la Ue e sull’utilizzazione dei fondi comunitari.

Fondi che continuano a essere sprecati, o meglio ancora non raramente malamente assegnati e/o percepiti. E poco importa - o forse rafforza il senso di mala gestione - il fatto che continuiamo ad essere per la Ue un ottimo contribuente ma un mediocre percettore di risorse. Tra “dare e avere”, segnala la relazione della Corte dei conti, nei flussi finanziari con la Comunità europea abbiamo un saldo negativo dal 2009 al 2015 pari a 44,86 miliardi.

Il più “saccheggiato” in assoluto è stato il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr), sul quale tra irregolarità e frodi pendono complessivamente 242,2 milioni, l’80% (102,4 milioni) tutti di derivazione regionale. E tra questi sempre la Sicilia, che da sola somma 95 milioni, il 90% di tutte le pendenze regionali. Altro capitolo di grande rilievo dei fondi strutturali, sul quale la Corte mette l’accento, è il Fse (Fondo sociale europeo), con 73 milioni sotto osservazione, ma ben 71,3 milioni sono ancora una volta imputati alla Sicilia: riguardano progetti risalenti alla programmazione 2000-2006 «per i quali sono pendenti procedimenti penali», rimarca la magistratura contabile.

Tra le frodi nell’accesso ai fondi Ue, non poteva mancare il settore degli appalti, considerato «un’area a elevata sensibilità per la presenza di errori e irregolarità» e «una tipologia percentuale prevalente», ma non solo in Italia. La Corte dei conti elenca i principali casi di aggiramento delle regole sulla spesa cofinanziata dal Fesr e dal Fondo di coesione: lavori aggiuntivi senza gara, perizie di variante «in assenza di circostanze impreviste e imprevedibili», aggiudicazione diretta di contratti senza specifica «giustificazione». Il tasso medio di irregolarità è dello 0,5%, in apparenza non alto, ma per la Corte dei conti è ugualmente «motivo di notevole preoccupazione». Tanto che presto la Corte licenzierà i risultati di un audit sugli errori negli appalti pubblici.

Ma irregolarità e sospette frodi coinvolgono anche i fondi per la ricerca e l’innovazione dei Pon (programmi operativi nazionali). Quelli per la pesca e soprattutto per l’agricoltura. E per la riqualificazione professionale. Aspetti cruciali «per lo sviluppo del Paese». Come dire, una beffa elevata all’ennesima potenza. Tanto più che «ulteriore motivo ri preoccupazione - si legge nelle conclusioni della relazione della Corte dei conti alle Camere - è constatare che sono limitate le azioni di recupero avviate dalle amministrazioni per il ristoro del bilancio comunitario e nazionale».

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