Senza una norma di coordinamento che regoli espressamente i riflessi fiscali delle novità del bilancio post Dlgs 139/2015 l’incertezza regna sovrana e l’aggravio di oneri e adempimenti per le imprese è indubbio.
Quel che è accaduto è storia nota. Un emendamento alla legge di bilancio 2017 - auspicato da più parti e noto nei suoi contenuti - non è stato approvato in quella sede e, ad oggi, non è stato riproposto in altro provvedimento legislativo.
Quell’emendamento estendeva ai soggetti, diversi dalle micro-imprese, che redigono il bilancio secondo i (nuovi) principi contabili nazionali, le modalità di determinazione del reddito imponibile previste per i soggetti Ias adopter. In altre parole, anche per i soggetti non Ias veniva introdotto il principio di derivazione rafforzata per dare riconoscimento fiscale alle rappresentazioni di bilancio. Per le imprese avrebbe determinato meno adempimenti in quanto si attenuava il formarsi del doppio binario tra valori contabili e fiscali.
Senza un intervento legislativo, le problematiche interpretative da risolvere non sono di poco conto. Il primo nodo è il significato da attribuire alla clausola di invarianza finanziaria (articolo 11 del Dlgs 139/2015). Secondo l’interpretazione più rigorosa di questa clausola, le novità del bilancio non devono rilevare ai fini della determinazione della base imponibile delle imprese interessate. Significherebbe che, ai fini fiscali, occorre operare come se le novità al bilancio non fossero state introdotte. Una soluzione estrema, francamente insostenibile. Va, quindi, in primo luogo chiarito cosa si debba intendere per invarianza finanziaria. È un’invarianza di sistema o un’invarianza che riguarda i singoli contribuenti? A tal proposito, alcune novità determinano solo una diversa imputazione temporale dei componenti reddituali ma complessivamente sono a invarianza finanziaria. Si pensi alle spese di ricerca applicata non più capitalizzabili che andranno spesate nell’esercizio di sostenimento e non più ammortizzate in più esercizi; in questo caso l’invarianza è rispettata? È auspicabile che almeno su questo si pervenga a una risposta positiva.
Poi l’assenza di una norma di coordinamento determina fenomeni di doppio binario. L’enfatizzazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma da adottare nelle rappresentazioni contabili non è conciliabile con le rappresentazioni giuridico-formali alla base della determinazione del reddito dei soggetti non Ias; tanto è vero che per gli Ias adopter, a suo tempo, furono necessarie norme ad hoc.
L’assetto che ne deriverebbe, in assenza di un norma ad hoc, è anche poco sostenibile in quanto, a fronte di una stessa impostazione contabile, si determinerebbe in alcuni casi una “discriminazione” tra soggetti Ias e spoggetti non Ias che sarebbero sottoposti a un regime fiscale diverso. È il caso, ad esempio, dell’adozione del costo ammortizzato.
Problemi interpretativi significativi riguardano poi il periodo transitorio di passaggio alle nuove regole. Senza una norma che preveda la neutralità, in via generale i componenti che emergono in sede di transizione dovrebbero essere fiscalmente rilevanti. Ma tale asserzione non si concilia con la clausola di invarianza finanziaria.
Si parla spesso di certezza del diritto e di prevedibilità nell’applicazione delle norme. Mai come in questo caso di prevedibile è rimasto ben poco. È quindi necessario approvare con urgenza una norma che consenta di determinare le basi imponibili con maggiori certezze.
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