Già nelle vicende umane non si può fare di tutta l’erba un fascio: figurarsi se può risultare possibile per le complicate questioni fiscali.
Il tema è quello del procedimento di accertamento, per il quale si vorrebbe che tutte le norme ad esso riferibili fossero retroattive. Il procedimento di accertamento si sostanzia, però, in una pluralità di fasi, ognuna della quali ha, a ben vedere, una sua autonomia: la prima è la presentazione della dichiarazione (quando viene presentata) da parte del contribuente. Vi è poi l’attività cosiddetta “istruttoria” dell’amministrazione, alla quale può (si sottolinea il “può”) seguire l’atto di accertamento vero e proprio.
Preme sottolineare che la fase dell’attività istruttoria risulta diretta a far acquisire all’amministrazione finanziaria delle “conoscenze fiscalmente rilevanti” ai fini dell’eventuale successivo accertamento. L’attività conoscitiva ha quindi una sua autonomia rispetto a quella successiva dell’accertamento vero e proprio.
Sulla vicenda dell’attività conoscitiva degli uffici sembra che vi siano ancora dei dubbi sulla questione dei nuovi limiti quantitativi (superiori a mille euro giornalieri e comunque a 5mila euro mensili) stabiliti per i prelievi non giustificati da parte degli imprenditori in relazione ai rapporti intrattenuti con gli intermediari finanziari. In particolare, vi sono delle (giustificate) incertezze sulla risposta data dall’Agenzia a Telefisco 2017 sulla non retroattività di tale disposizione.
Queste incertezze derivano dal fatto che in passato per le modifiche che vennero apportate alla stessa norma (articolo 32 del Dpr 600/1973), ad esempio quella – ora abrogata – sull’estensione dei prelievi non giustificati ai professionisti, venne affermata (prima dalle Entrate, poi dalla Cassazione) la retroattività della disposizione in ragione del dogma (abusato) della norma procedimentale.
Si è già rilevato su queste pagine che, posta l’articolazione e la normazione quasi casistica del diritto tributario, risulta davvero limitativo distinguere tra norme sostanziali e procedimentali. Si vorrebbe, in sostanza, che tutte le norme procedimentali fossero retroattive mentre quelle sostanziali no. Ma, come si è rilevato, si tratta di una visione troppo semplicistica a fronte della complessità delle vicende tributarie per le quali, semmai, occorrerebbe attribuirsi più valore ai precetti costituzionali, come quelli di tutela del legittimo affidamento e del diritto di difesa.
A questo punto, sulla vicenda della risposta (corretta) data dalle Entrate sulla non retroattività dei nuovi limiti quantitativi sui prelievi, sarebbe più rilevante riconoscere finalmente che la previsione dell’articolo 32 del Dpr 600/1973 è una norma diretta a far acquisire all’amministrazione “conoscenze fiscalmente rilevanti” ai fini dell’eventuale successivo accertamento. Quindi, quella dell’articolo 32 non è una norma che legittima “ex se” l’accertamento.
Così si dovrebbe ammettere che se il legislatore attribuisce all’amministrazione finanziaria nuovi poteri conoscitivi, o modifica quelli in vigore (ad esempio, si immagini che venga tolta la specifica autorizzazione per accedere ai dati relativi ai rapporti intrattenuti con gli intermediari finanziari), non si può pensare che tali modifiche possano avere effetto retroattivo.
Semmai, l’errore è stato commesso in passato (dalla prassi e dalla giurisprudenza della Cassazione) quando talune modifiche allo stesso articolo 32 del Dpr 600/1973 (ad esempio, l’estensione – poi abrogata – ai professionisti dei prelievi non giustificati) sono state frettolosamente etichettate come procedimentali e, quindi, retroattive.
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