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Ecco le imposte sul risparmio e i nuovi criteri per l’esenzione con i Pir

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Ecco le imposte sul risparmio e i nuovi criteri per l’esenzione con i Pir

Con l’arrivo della stagione delle dichiarazioni, i contribuenti cercano chiarezza sulle imposte. Questa mini-guida si propone di spiegare come si articola la tassazione degli investimenti finanziari.

Le imposte sul risparmio
Le imposte sul risparmio, salvo alcune eccezioni, trovano applicazione in relazione alla detenzione e/o negoziazione di prodotti finanziari. Negli ultimi anni l'imposizione sul risparmio è notevolmente aumentata, fatta eccezione per gli interessi ed i capital gain relativi a titoli di Stato ed altri titoli ad essi equiparati, il cui livello di imposizione è fermo al 12,5%. La legge di Bilancio per il 2017, in controtendenza rispetto all'inasprimento della pressione fiscale sul risparmio “inaugurata” con il Dl 138 del 2011, ha introdotto un regime di favore per i cosiddetti Pir, ossia i piani individuali di risparmio, detenuti da persone fisiche che operano al di fuori dell'esercizio di un'impresa commerciale.

I Piani individuali di risparmio
I redditi di natura finanziaria derivanti dai piani individuali di risparmio sono esenti da imposizione nel caso in cui un risparmiatore, oltre a detenere per almeno cinque anni determinati strumenti finanziari emessi da imprese operanti nell'economia reale, rispetti dei precisi limiti quantitativi in relazione alla composizione del portafoglio titoli. Un primo esempio è costituto dal fatto che almeno il 21% delle somme detenute nel Pir deve essere investito in strumenti finanziari emessi da imprese «diverse da quelle inserite nell'indice Ftse Mib della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati».

Un ulteriore limite quantitativo è rappresentato dal fatto che almeno il 70% del valore complessivo del Pir deve essere investito in strumenti finanziari, anche non quotati, emessi da imprese che non esercitano attività immobiliare, residenti in Italia o all'estero, in Stati Ue o See (purché operanti in Italia mediante stabile organizzazione). Non possono beneficiare dell'agevolazione in questione i redditi di capitale ed i redditi diversi derivanti dalla detenzione o negoziazione di partecipazioni qualificate e quelli che concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini Irpef del risparmiatore.

Ogni risparmiatore può essere titolare di un solo Pir. Il limite massimo di investimenti che rientrano nel regime agevolativo in questione è di 30.000 euro annui sino ad un tetto massimo di 150.000 euro nel caso in cui il risparmiatore apporti nuovi capitali nel corso di più anni. È possibile usufruire del regime in questione anche nel caso in cui il risparmiatore intenda acquistare quote di Oicr residenti in Italia o in Stati Ue o See che a loro volta investono almeno il 70% dell'attivo in strumenti finanziari “qualificati”.

La tassazione di interessi e dividendi
I redditi di capitale più comuni sono gli interessi e i dividendi. Nel caso degli interessi, l'aliquota di tassazione applicabile dipende dalla tipologia di titolo da cui essi provengono. Nel caso dei titoli di Stato e di altri titoli equiparati, l'aliquota di tassazione applicabile ammonta al 12,5 per cento. Gli interessi derivanti dalla detenzione di altri titoli, tra cui ad esempio quelli derivanti dalla detenzione di obbligazioni emesse da società private, quotate e non, scontano un'imposta sostitutiva del 26 per cento. I dividendi relativi a partecipazioni non qualificate scontano un'imposizione del 26 per cento.

L'imposta sostitutiva sui capital gain
Le plusvalenze derivanti dalla vendita di azioni (nel caso di partecipazioni non qualificate) ed obbligazioni sono soggette all'imposta sostitutiva del 26 per cento. Le plusvalenze derivanti dalla vendita dei titoli di Stato e titoli equiparati scontano invece un'imposta sostitutiva del 12,5 per cento. È ammessa la compensazione delle minusvalenze subite con le plusvalenze realizzate nel medesimo anno e nei quattro anni successivi.

Imposta di bollo su conti correnti e libretti di risparmio
I conti correnti e/o libretti di risparmio bancari o postali intestati a persone fisiche sono assoggettati ad un'imposta di bollo fissa di 34,20 euro su base annua. Sono esenti dall'imposta di bollo i libretti di risparmio ed i conti correnti, detenuti presso il medesimo intermediario finanziario, qualora la giacenza media annua delle somme detenute nei suddetti rapporti sia non superiore a 5.000 euro. Ai fini del calcolo della giacenza media non si considera il valore dei conti correnti e libretti di risparmio che presentano una giacenza media negativa. L'imposta di bollo in questione non è dovuta, indipendentemente dal valore della giacenza media annua, per i cosiddetti “conti di base”. Si tratta di una particolare categoria di conti correnti che possono essere aperti dai consumatori titolari di un Isee inferiore a 8.000 euro. Nei casi in cui l'imposta è dovuta, sarà l'intermediario finanziario ad addebitare il tributo al cliente e versare l'importo trattenuto all'Erario.

Imposta di bollo sui prodotti finanziari detenuti in Italia
Salvo alcune eccezioni, come ad esempio le polizze vita tradizionali del ramo I (polizze rivalutabili) ed i piani individuali pensionistici, i prodotti finanziari sono assoggettati ad un'imposta del 2 per mille annuo. L'imposta si calcola sul valore dell'investimento al termine del periodo di rendicontazione o, in assenza di rendicontazione periodica, sul valore al 31 dicembre di ogni anno. I conti deposito, a differenza dei conti correnti e dei libretti di risparmio, scontano l'imposta di bollo del 2 per mille e non quella fissa di 34,20 euro su base annua poiché, a differenza di quanto avviene nei rapporti di conto corrente, le somme depositate sui conti deposito sono vincolate e, quindi, non liberamente disponibili. I prodotti finanziari più comuni colpiti da tale imposta sono i titoli di Stato, le azioni, le obbligazioni. L'intermediario finanziario addebita al proprio cliente l'imposta in questione e la versa all'Erario.

Le imposte sui prodotti finanziari detenuti all'estero
A partire dal periodo d'imposta 2012 è stata istituita l'imposta sul valore dei prodotti finanziari (ex Ivafe) che si applica nella misura del 2 per mille del valore dei prodotti finanziari, in proporzione alla quota e al periodo di detenzione degli stessi. Ciò significa che, a differenza di quanto avviene per l'imposta sui prodotti finanziari detenuti in Italia, il tributo in questione trova applicazione anche se al termine del periodo di rendicontazione il contribuente non è più in possesso di un determinato prodotto finanziario. Sono considerati come detenuti all'estero, ai fini dell'imposta in questione, solo i prodotti finanziari detenuti per il tramite di intermediari finanziari non residenti. Nel quadro RW del modello Unico sarà il contribuente stesso il soggetto obbligato a dichiarare l'entità dei prodotti finanziari detenuti all'estero, ad autoliquidare e versare l'imposta dovuta. Nel medesimo quadro del modello Unico vanno assolti gli obblighi in materia di monitoraggio fiscale.

Tobin Tax
L'imposta sulle transazioni finanziarie, nota anche come “Tobin Tax”, si applica al trasferimento della proprietà delle azioni e degli strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti in Italia. I trasferimenti di proprietà di azioni o quote di Oicr, comprese le Sicav, non sono soggetti all'imposta. L'aliquota applicabile è pari allo 0,10 per cento del valore della transazione nel caso di titoli quotati in mercati regolamentati e dello 0,20 per cento negli altri casi. L'imposta non trova applicazione in relazione ai trasferimenti di azioni di società quotate con una capitalizzazione media inferiore a 500 milioni di euro. Anche le operazioni ad alta frequenza e quelle di negoziazione di derivati sono soggette all'imposta, ma con modalità ed aliquote diverse rispetto a quelle applicabili alle operazioni di compravendita di azioni.

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