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Tribunale Milano: no al velo islamico nei luoghi pubblici. Maroni:…

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respinto ricorso contro delibera regione

Tribunale Milano: no al velo islamico nei luoghi pubblici. Maroni: questa la strada

(Agf)
(Agf)

«I fatti confermano che abbiamo ragione noi, questa è la strada”: così il presidente della Regione Lombardia commenta le motivazioni con le quali il Tribunale di Milano il 20 aprile scorso ha respinto un ricorso presentato da alcune associazioni contro una delibera della Regione Lombardia che vieta il velo islamico in uffici e ospedali. Le associazioni chiedevano che quella delibera fosse da considerarsi “discriminatoria”.

Il Tribunale ha respinto il ricorso. «Il Tribunale di Milano - ha commentato Maroni a margine di un incontro a Palazzo Pirelli - ha dato ragione alla Regione Lombardia sul divieto di entrare con il volto coperto nei luoghi pubblici. E' stato un nostro atto coraggioso, anche in quel caso criticato molto da una certa parte politica, ma i fatti confermano che abbiamo ragione noi. Questa è la strada».

La motivazione
Vietare alle donne musulmane di indossare il velo, e in particolare nelle “forme del burqa e del niqab”, in ospedali e uffici pubblici è sì uno “svantaggio per le persone che aderiscono a una determinata religione”, ma quel divieto non è discriminatorio perché “oggettivamente giustificato da una finalità legittima, ragionevole e proporzionata rispetto al valore della pubblica sicurezza”.

Lo scrive il Tribunale civile di Milano nelle motivazioni, riportate oggi da Il Corriere della sera, della sentenza di cui si è parlato già il 20 aprile scorso quando è stata depositata, con cui è stato respinto il ricorso di Asgi (Associazione studi giuridici immigrazione) e di altre associazioni contro la delibera della Regione Lombardia che vieta l'ingresso a volto coperto negli edifici del sistema regionale.

Nelle motivazioni il giudice Martina Flamini spiega che la “pubblica sicurezza” è “concretamente minacciata dall'impossibilità di identificare le numerose persone che fanno ingresso nei luoghi pubblici individuati”. Le associazioni chiedevano che la delibera regionale fosse dichiarata “discriminatoria”, mentre il Tribunale ha rigettato il ricorso.

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