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Il processo civile telematico cade nelle trappole della Pec

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quattro anni di notifica telematica

Il processo civile telematico cade nelle trappole della Pec

Le incertezze del processo civile telematico e delle notifiche a mezzo Pec pesano sul lavoro dei professionisti, alle prese con vizi che possono portare a nullità insanabili fino alla scadenza dei termini processuali. A circa quattro anni dall’introduzione della possibilità, per gli avvocati, di notificare autonomamente a mezzo Pec gli atti giudiziari e a quasi tre anni dalla partenza dell’obbligo di deposito telematico per molti atti del contenzioso civile, le pronunce dei tribunali mettono in luce difficoltà pratiche e lacune legislative.

Se il destinatario è la Pa

Le notifiche a mezzo Pec alle pubbliche amministrazioni sono tra le più temute dai professionisti. A renderle difficili sono il mancato coordinamento delle norme e il ritardo nella comunicazione degli indirizzi Pec da parte della maggior parte delle Pa. L’articolo 3-bis della legge 53/1994 prevede che le notifiche telematiche alle Pa debbano avvenire agli indirizzi Pec che risultano dai pubblici elenchi. Ma l’articolo 45-bis, comma 2, lettera a), del decreto legge 90/2014 ha omesso di includere tra i “pubblici registri” l’elenco Ipa (Indice delle pubbliche amministrazioni) già esistente e completo. L’unico pubblico elenco delle Pa riconosciuto dalla legge è invece il registro contenente gli indirizzi Pec delle amministrazioni pubbliche gestito dal ministero della Giustizia, al quale entro il 30 novembre 2014 tutte le Pa avrebbero dovuto comunicare i propri indirizzi Pec. Ma la maggior parte degli enti pubblici (tra cui l’Inps e i Comuni di Roma e Milano) non l’hanno fatto. In questi casi, per evitare contestazioni in sede giudiziaria, gli avvocati sono costretti a notificare gli atti col sistema cartaceo.

Alcuni tribunali, come quello di Milano (ordinanza 33200 dell’8 dicembre 2016), hanno considerato valida la notifica effettuata alla Pec di una pubblica amministrazione tratta dagli elenchi Ipa e non da quelli comunicati al ministero, evidenziando una ingiustificata disparità di trattamento tra le notifiche ai privati e quelle alle Pa. Ma il ministero della Giustizia, con la circolare 4664 del 28 giugno 2016, ha precisato che a oggi «il registro Ipa non può essere considerato un pubblico elenco».

Notifiche nulle e sanabili

Il deposito telematico degli atti giudiziari non si perfeziona, secondo il Tribunale di Massa (sentenza 683 del 4 luglio 2016), se è negativo anche solo uno dei quattro controlli effettuati dal sistema telematico. L’avvocato dovrà quindi ricevere tutte e quattro le ricevute con esito positivo prima di poter tirare un sospiro di sollievo: la ricevuta di accettazione del gestore Pec del depositante; la ricevuta di avvenuta consegna del gestore Pec del ministero della giustizia; il messaggio del gestore Pec del ministero con l’esito dei controlli automatici; l’inserimento della ricevuta di avvenuta consegna nel fascicolo informatico.

Perché una notifica a mezzo Pec sia valida, secondo il Tribunale di Cassino (sentenza 645 del 16 maggio 2016), è necessario che:

• l’indirizzo del destinatario sia stato estratto dai pubblici registri;

la copia della procura alle liti sia stata dichiarata conforme all’originale nella relata di notifica;

il buon fine della notifica sia provato dalle copie della ricevuta di accettazione e di consegna della Pec.

Al momento dell’iscrizione a ruolo della causa deve poi essere depositata l’attestazione di conformità della copia cartacea all’atto notificato a mezzo Pec. Ma se quest’ultimo documento dovesse mancare, se l’atto ha raggiunto il suo scopo, l’avvocato sarà rimesso in termini per produrre la certificazione: il vizio non produce la nullità della notifica.

A “salvare” l’avvocato distratto è la Cassazione che ha stabilito che la nullità della notifica telematica non può mai essere dichiarata se ha prodotto il risultato della conoscenza dell’atto. La parte che lamenta il vizio di notifica deve in sostanza indicare il pregiudizio al diritto di difesa che gli sia derivato (sentenze 7665/2016 della Cassazione a Sezioni unite e 26102/2016 della Cassazione).

Il principio è stato applicato anche nel caso in cui l’avvocato abbia notificato a mezzo Pec una «copia informatica», anziché il «duplicato informatico» dell’atto, avente lo stesso valore di un originale, scordandosi di apporre l’attestazione di conformità nella relata di notifica. Il Tribunale di Venezia (sentenza 68 dell’8 febbraio 2017) ha salvato la notifica facendo proprio il principio generale del raggiungimento dello scopo. Principio che “salva”, secondo il Tribunale di Milano (sentenza 11432 del 13 ottobre 2015) anche gli atti notificati a mezzo Pec privi della firma digitale: se l’atto raggiunge il suo scopo, per i giudici la notifica è valida e può essere sanata in giudizio.

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