Un consenso larghissimo. Che però non azzera le polemiche. Il Senato ha approvato ieri il disegno di legge che introduce nel nostro ordinamento penale il reato di tortura. Solo otto i contrari e 34 gli astenuti per un provvedimento che adesso torna per la seconda volta all'esame della Camera. Bisognerà ancora aspettare, quindi, per il via libera definitivo a uno dei grandi “buchi neri” del
nostro Codice penale, che più volte (da ultimo il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, a metà marzo) dall’estero ci è stato sollecitato di riempire.
Intanto comunque esulta il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che parla di «passo decisivo, che consente di sbloccare una situazione che si trascinava da troppo tempo». Orlando sottolinea che si tratta certo di una «soluzione di compromesso» che comunque avvicina al traguardo e auspica un’approvazione rapida da parte della Camera. Di tenore diverso però le reazioni di Amnesty International e Antigone che, in una nota congiunta, mettono nel mirino le ambiguità di una legge che sarà di difficile applicazione. Due i nodi cruciali: la limitazione della tortura ai soli comportamenti ripetuti e i limiti alla configurazione della tortura psichica.
Va sottolineato che in Aula è sì caduto il riferimento a condotte «reiterate», ma per effetto di un emendamento dei relatori, è stata introdotta la necessita per la sanzione di un fatto «commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona».
Alla fine, anche per effetto di un lungo lavoro di aggiustamento delle norma per arrivare a un punto di equilibrio anche all’interno della maggioranza, ci si è attestati su una soluzione che veda la tortura come reato che può essere
commesso da chiunque, che è sanzionato con una pena che va da un minimo di quattro a un massimo di 10 anni di carcere (da 5 a 12 per i pubblici ufficiali), che prevede un pacchetto di aggravanti che arrivano sino all’ergastolo in caso di morte della vittima, passando per le varie tipologie di lesioni. Introdotta anche l’istigazione alla tortura che invece si configura come reato proprio (ascrivibile cioè solo ai pubblici ufficiali) con pena da sei mesi a tre anni.
Le dichiarazioni ottenute attraverso tortura non saranno mai utilizzabili nel processo penale ed è esclusa l’espulsione e l’estradizione verso Stati che applicano la tortura.
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