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Contributo unificato, sul raddoppio per la Pa parola alla Consulta

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Contributo unificato, sul raddoppio per la Pa parola alla Consulta

Il contributo unificato, nell’ambito del contenzioso tributario, è stato introdotto dal decreto legge 6 luglio 2011 n. 98 convertito nella legge 111/2011. Detto contributo era già vigente nel processo civile ed amministrativo in forza del Dpr 115/2002 (Testo unico delle spese di giustizia). Il pagamento del contributo unificato va effettuato al momento dell’iscrizione della causa a ruolo.

Con la norma di cui al comma 1 quater dell’articolo 13 del testo unico approvato con il Dpr 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’articolo 1 – comma 17 – della legge 24 dicembre 2012 n. 228, il legislatore ha disposto che quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale.

Lo scopo della norma è di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose.

Tale pronuncia non può aver luogo nei confronti di quelle parti, come le amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante meccanismo della prenotazione a debito.

La totale giurisprudenza è orientata nel senso che nelle sentenze in cui è soccombente l’amministrazione statale non vi è alcuna sua condanna al versamento della “sanzione” così come prevista dalla norma impugnata, né vengono esplicitati i motivi della sua non applicabilità.

Le amministrazioni dello Stato all’atto dell'iscrizione a ruolo (in qualità di resistenti e di ricorrenti, nei vari gradi del giudizio) non effettuano alcun versamento a titolo di contributo unificato ma sono obbligate a dichiarare, nelle conclusioni del ricorso, il valore della lite ai fini del contributo unificato o a indicare, altresì, la norma di legge che li ammette alla prenotazione a debito in esame.

Per la “prenotazione a debito” del contributo unificato si utilizza un apposito modello, che viene acquisito al fascicolo processuale. L’orientamento della giurisprudenza trova la formulazione più forte nella sentenza della Cassazione (Sezioni unite, 9938/2014) nella quale si afferma che quando parte del processo è l’amministrazione pubblica, il contributo unificato non può trovare applicazione nell’ipotesi d'impugnazione anche incidentale dell'amministrazione: viene applicata la prenotazione a debito per la quale non è dovuto il pagamento; l’amministrazione non è tenuta a corrispondere effettivamente gli importi delle imposte e delle tasse che gravano sul processo.

E ciò per la evidente ragione che lo Stato verrebbe ad essere debitore e creditore di se stesso con la conseguenza che l’obbligazione non sorge. Si tratta, secondo la Cassazione di una esenzione fiscale, ma che vale esclusivamente nei confronti dell’amministrazione pubblica.

Il contributo unificato ha natura tributaria e tale natura conserva malgrado la natura afflittiva e sanzionatoria. L’unico limite è che il pagamento del contributo è dovuto solo dalla parte privata soccombente.

Con ordinanza del 23 marzo 2016 la commissione tributaria regionale di Catanzaro (Gazzetta ufficiale serie speciale n. 15) ha sollevato questione di costituzionalità dell’articolo 13, comma I quater, Dpr 115/2002 per violazione del principio di parità delle parti di cui all'articolo 111 comma 2 della Costituzione. Se occorre sanzionare, dice la commissione remittente, mediante il versamento di una somma di denaro tutte le impugnazioni infondate o irrituali perché potenzialmente dilatorie, la detta sanzione deve colpire indifferentemente tutte le parti del processo e non solamente una. E questo vale particolarmente in un processo come quello tributario: una delle parti è necessariamente pubblica e quasi sempre costituita da una amministrazione dello Stato. Da questo punto di vista è infondata la tesi della Cassazione. Il processo pertanto non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di costituzionalità, in relazione alla quale sussistono i presupposti di rilevanza e di non manifesta infondatezza.

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