La ricongiunzone onerosa per i contributi versati alle gestioni previdenziali esonerative o sostitutive (tra queste l’Inpdap, quella dei dipendenti pubblici) non si può applicare alle domande presentate tra il 1° e il 30 luglio del 2010. In quel periodo la ricongiunzione era da considerarsi ancora gratuita. Così ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza 147/2017 depositata oggi.
L’estensione delle regole
Nell’estate di sei anni fa è stata introdotta la regola in base a cui i lavoratori che hanno versato contributi in più gestioni, tra cui quelle esonerative o sostitutive, possono “riunire” i contributi trasferendoli in una sola gestione previdenziale in modo da ottenere un’unica pensione (operazione che in genere si compie per avere un assegno più alto o beneficiare di requisiti più favorevoli per il pensionamento), a patto però che versino una somma che varia in relazione ad alcuni fattori tra cui il numero di anni di contributi da spostare e la gestione di destinazione. In pratica è stata estesa la regola già esistente per gli iscritti alle principali gestioni dei lavoratori privati.
I giudici costituzionali nulla hanno rilevato su tale scelta, sottolineando anzi che più volte il legislatore ha cambiato le regole, da ultimo con la legge di bilancio 2017 in cui si è introdotto un regime di cumulo più favorevole rispetto al passato (e che tra l’altro rende ormai poco appetibile la ricongiunzione).
La scelta critica
Invece, accogliendo la tesi di una lavoratrice che ha presentato domanda per la ricongiunzione il 30 luglio 2010, hanno deciso che la norma in questione è parzialmente incostituzionale. La ricongiunzione onerosa è stata inserita in fase di conversione del decreto legge 78/2010, entrato in vigore il 31 maggio di quell’anno. La legge di conversione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 30 luglio 2010. L’articolo 15, comma 5, della legge 400/1988, per le modifiche apportate a un decreto legge in fase di conversione stabilisce, in linea di principio, l’entrata in vigore «dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione». Quindi la lavoratrice contava di accedere gratuitamente alla ricongiunzione.
Invece la previsione inserita nella legge di conversione 122/2010 fa decorrere l’onerosità della ricongiunzione retroattivamente, dal 1° luglio 2010. Una decisione che secondo la Corte costituzionale «vanifica l’affidamento legittimo che i lavoratori avevano riposto nell’applicazione del regime vigente al tempo della presentazione della domanda, principio che si configura quale elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto». E ancora, prosegue la sentenza 147/2017, «il legittimo affidamento presidiato dall’articolo 3 della Costituzione non preclude le modifiche sfavorevoli dei rapporti giuridici, ma esige che tali modifiche non si traducano in una disciplina irragionevole». Nel caso specifico, poi, i giudici non vedono «ragioni apprezzabili...per sacrificare l’affidamento nel bilanciamento con altri interessi costituzionali».
Di conseguenza viene dichiarata l’illegittimità della legge 122/2010 in riferimento all’articolo 3 della Costituzione nella parte che stabilisce l’applicazione della ricongiunzione onerosa per le domande presentate tra il 1° e il 30 luglio 2010.
© Riproduzione riservata