Finora la voluntary-bis non sembra riscuotere grandi consensi. A 15 giorni dalla chiusura delle adesioni alla seconda edizione di emersione dei capitali detenuti illegalmente all’estero (la deadline è il 31 luglio), le domande pervenute all’amministrazione finanziaria sono di poco superiori a 6.500. Almeno stando a quanto emerge dalle statistiche fiscali pubblicate dall’agenzia delle Entrate sul proprio sito e relative ai canali telematici di comunicazioni tra Fisco, intermediari e contribuenti (Entratel e FiscOnline).
Un dato che oggi appare ben lontano dalla platea potenziale stimata dalla relazione alla legge di Bilancio in poco più di 27mila contribuenti. A conti fatti, all’amministrazione finanziaria per assicurare la riuscita dell’operazione servirebbero quasi 21mila adesioni. In sostanza le prossime dovrebbero essere due settimane di fuoco per gli studi professionali perché dovrebbero partire circa 1.300 domande al giorno (sabati e domeniche incluse) per centrare l’obiettivo. In molti lo ritengono irraggiungibile, anche se dai contatti informali dell’amministrazione finanziaria con molti studi sembrerebbe emergere un nutrito numero di domande ancora ferme ai box in attesa di essere inoltrate all’agenzia delle Entrate.
Secondo le stime della relazione tecnica, i 27mila contribuenti attesi dovrebbero portare nelle casse dello Stato per il 2017 una cifra a 1,6 miliardi. E ad aver dubbi sulla possibilità di raggiungere questa somma è stato lo stesso Governo che nella manovrina di primavera ha previsto una clausola di salvaguardia a copertura della voluntary-bis attraverso le maggiori entrate che potranno arrivare dalla rottamazione delle liti.
I dubbi degli operatori e dei contribuenti riguardano soprattutto i calcoli dell’autoliquidazione e le sanzioni. La vera novità di questa edizione è che il richiedente può - per sua scelta - procedere con il «fai-da-te» dei calcoli anche se la procedura è stata finora oggetto di molti interrogativi. Per questo l’agenzia delle Entrate ha messo a disposizione anche un calcolatore online che, però secondo qualche segnalazione ricevuta, in alcuni casi non sembrerebbe garantire la realizzazione dell’operazione di chiusura. Per quanto riguarda le sanzioni a ridurre l’appeal della sanatoria c’è la questione del raddoppio per i patrimoni detenuti in Paesi che hanno concluso accordi sullo scambio di informazioni fiscali con l’Italia prima del 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore della seconda voluntary) ma diventati efficaci solo successivamente. Il caso più evidente è rappresentato da Panama, soprattutto per il caso dei papers da cui sono emersi i nomi di molti italiani che detenevano capitali nello Stato centroamericano e che per sanare la propria posizione dovrebbero pagare un conto più salato.
L’altro tallone d’Achille èil contrasto di interessi venuto meno rispetto alla precedente voluntary.
Il riferimento è agli accordi per lo scambio di informazioni multilaterali o bilaterali, la cui piena operatività aveva rappresentato un deterrente per incentivare i contribuenti italiani a regolarizzare la propria posizione. In sostanza, l’addio al segreto bancario da parte dei Paesi considerati porti sicuri per nascondere i capitali al Fisco italiano era più efficace rispetto proprio allo scambio di informazioni. Non sembrerebbero bastate, finora, a spingere le adesioni alla voluntary-bis le richieste collettive di dati sui titolari di conti e posizioni all’estero avviate nei mesi scorsi dall’agenzia delle Entrate.
Occorre ricordare poi che la disclosure «2.0» ha richiesto qualche “toppa” in corso d’opera sulle regole. Con la manovrina, infatti, è stata introdotta la possibilità di ottenere il credito per imposte pagate all’estero sui redditi di lavoro dipendente e autonomo. Inoltre chi aderirà alla voluntary-bis sarà risparmiato dall’obbligo di presentare la dichiarazione relativa all’Ivie e all’Ivafe (le imposte su immobili e attività finanziarie all’estero) sui patrimoni regolarizzati per l’anno 2016 e per l’eventuale frazione di anno 2017 fino alla data di presentazione dell’istanza.
E per tornare al tema delicato autoliquidazione sempre la manovrina ha stabilito che non si applica la sanzione prevista nei casi di omesso o insufficiente versamento (30%) ma la maggiorazione del 10% sugli importi indicati nell’istanza di adesione a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni e non effettivamente versati.
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